"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)



Quello che fai per te stesso morirà con te,quello che fai per gli altri rimarrà per sempre


Palio dei Normanni, 12/13/14 agosto

sabato 5 marzo 2016

La Domenica con Gesù, IV di Quaresima / C

……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale

Testi: “…Gli Israeliti…Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra, azzimi e frumento abbrustolito…Quell’ anno mangiarono i frutti della terra di Canaan” Gs 5,9°.10-12 . “Gustate e vedete com’ è buono il Signore” Sal 33/34,2-7 . 
“Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove…” 2 Cor 5,17-21 . 
“…Egli disse loro questa parabola: un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al Padre. Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta…” Lc 15,1-3.11-32.

La celebre parabola del “figlio prodigo”, o del Padre misericordioso, come afferma, giustamente, Valentina Chinnici, sembra semplice e lineare. Eppure, a ben osservare, il protagonista è, certamente, il Padre, ma non il Padre in sé, bensì, visto in rapporto ai due figli. Infatti, a tale relazione fa da specchio quella di Gesù con i peccatori: una relazione improntata ad accoglienza e condivisione paritaria del cibo, che suscita la reazione scandalizzata dei perbenisti di ogni tempo: “…Accoglie i peccatori e mangia con loro !”.

Come se Gesù non aspettasse che prostitute e funzionari corrotti, per sedersi a conversare e spezzare il pane con loro. Quando si pone l’accento sulla misericordia del Padre, che previene qualsiasi giustificazione da parte del figlio, c’ è sempre qualcuno che sottolinea che, in realtà, il figlio si è pentito ed è tornato a casa.

Una lettura più attenta, invece, rivela, facilmente, che il figliol prodigo torna a casa, perchè si trova nel bisogno e nella solitudine, ridotto a mangiare carrube e, per di più, da solo, perché nessuno ha compassione i lui. Infatti, il giovane si è tagliato fuori dalla relazione col Padre e, persino, dal consorzio degli uomini.

Nessun pentimento profondo, quindi, verso quel Padre, fatto soffrire ingiustamente. L’ approccio ermeneutico, di chi sottolinea che il figlio si è pentito, sottende la nostra mentalità “retributiva”, per cui il perdono lo si deve comunque meritare.

Il fratello maggiore è colui, con il quale è molto più facile identificarci: una persona per bene, seria, che ha sempre lavorato. Anche lui non ha capito nulla dell’ amore immenso e liberante del Padre, e, così, allo stesso modo, il maggiore dice che lo ha sempre “servito” e non ha mai trasgredito un suo comando. Dunque, egli trova inconcepibile che per l’altro figlio (che non chiama mai “mio fratello”), il Padre si prodighi in feste, banchetti e ricompense.

C’ è una frase, che rivela il cuore del fratello maggiore: egli non addita il minore come colui che si è ridotto a mangiare le ghiande con i porci, bensì, agita davanti agli occhi del Padre solo lo spettro del “peccato sessuale”: il fratello minore, egli dice, è quello “che ha sperperato i beni con le prostitute”.

Con queste parole, egli tenta di coprire con la censura morale la sua avversione contro il fratello e il risentimento verso il Padre, di cui invidia la bontà infinita. Alla gioia del Padre fa da contraltare la sua tristezza. Infatti, egli si ferma sulla soglia della porta, perché, da perfetto invidioso, non riesce a sostenere la vista e la presenza del peccatore, perdonato divenuto “una creatura nuova”.

                                                                         Mons. Antonino Scarcione

Nessun commento: