Testi: “…Elia…invocò il Signore:Signore, mio Dio, vuoi fare del male a questa vedova che mi ospita, tanto da far morire il figlio ?
...Il Signore ascoltò la voce di Elia…Elia disse: Guarda ! Tuo figlio vive…” I Re 17, 17-24 . “Vi dichiaro, fratelli, che il vangelo da me annunciato non segue un modello umano…Mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco…” Gal 1,11-19 .
“…Veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova…Il Signore…Si avvicinò…Poi disse: Ragazzo, dico a te, alzati!...Ed egli lo restituì a sua madre…” Lc 7, 11-17.

Anticamente, fin dal lontano medioevo, la “gestione” del lutto era affidata alla religione. La comunità aveva il compito di accompagnare e sostenere la famiglia durante la malattia e la morte delle persone care. Col trascorrere del tempo, numerosi sono stati i cambiamenti nei confronti della morte. Uno degli aspetti più appariscenti è costituito dalla “de-socializzazione” del tempo, susseguente alla morte, che risulta essere vissuto, generalmente, nella solitudine.
Queste, pur significative, trasformazioni non annullano, però, “il valore che la Chiesa assegna ai tempi e ai luoghi della celebrazione, che testimoniano la speranza della resurrezione e la vicinanza alle persone colpite dall’ evento luttuoso”. Vediamo che, saggiamente, anche il nuovo rito esequiale sottolinea l’ importanza di riproporre l’ iter che la comunità è solita fare: visita alla famiglia del defunto,veglia, preghiera alla chiusura della bara, processione in chiesa, processione al cimitero, benedizione del sepolcro e la sepoltura.
All’ interno di questa ritualità, vanno collocate le parole di consolazione. Tali parole acquistano un particolare significato nell’ omelia. Infatti, come il cordoglio di Cristo per la morte del figlio della vedova è ben accolto e apprezzato dai presenti, così accadrà all’ operatore pastorale , se sarà capace di partecipare con sincerità al dolore di coloro che hanno perduto i propri cari.
Vediamo, quindi, che a Nain viene messa in scena la tragedia più grande del mondo: la morte, quasi un buco nero, che inghiotte la vita di una madre, privata del volto del figlio, che Gesù le restituisce, cambiando le sue lacrime in gioia.
Mons. Antonino Scarcione
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