Testi: “Il Signore custodisce il creato con il suo amore e la sua giustizia” Sap 12,13.16-19 .
“ Lo Spirito soccorre la debolezza dell’ uomo” Rm 8,26-27.
“Le parabole della semina” Mt 13,24-43.
“ Lo Spirito soccorre la debolezza dell’ uomo” Rm 8,26-27.
“Le parabole della semina” Mt 13,24-43.
Questa parabola, come, opportunamente, afferma Giovanni Vannucci, ha modificato il volto di Dio in lui. Egli, più precisamente, diceva: “Il nostro cuore è un pugno di terra, seminato di buon seme e assediato da erbacce; una zolla, dove intrecciano le loro radici…il bene e il male”. Vediamo che i servi dicono al padrone: “Vuoi che andiamo a togliere la zizzania ?”. La risposta che ricevono è netta: “No”. A questo punto, registriamo, quasi un “conflitto” di sguardi: quello dei servi, che “indugia” sul male e quello del padrone, che, invece, si sofferma sul bene.
Certamente, davanti a Dio, commenta E.Ronchi, una spiga di buon grano vale più di tutta la zizzania del campo. Il bene è più importante del male. La luce conta più del buio. Infatti, “la morale” del vangelo è quella del cammino, della fecondità dell’ avvio, dei grappoli, che maturano al sole e delle spighe, che si “gonfiano” di vita.

Tentiamo, quindi, di individuare la strada, sulla quale Dio agisce: Egli, per vincere la notte, “accende” il mattino; per far fiorire la steppa, “getta” infiniti semi di vita; per far “sollevare” la farina pesante e immobile, “mette” un po’ di lievito. Mentre, è “Dio, ad avviare la primavera del cosmo, a noi, invece, spetta diventare l’ estate profumata di biondo grano”. “Io non sono i miei difetti, ma le mie maturazioni. Non sono stato creato ad immagine del Nemico, bensì, ad immagine del Cratore”.
L’ attività religiosa, solare, positiva, vitale, che dobbiamo avere verso di noi stessi, consiste nel non preoccuparci, prima di tutto, delle erbacce o dei difetti, ma nel “venerare” la bontà, la generosità, l’accoglienza, la bellezza e la tenerezza, che Dio ci ha affidato. Facciamo in modo che queste “esplodano”, in tutta la loro potenza, e vedremo che “le tenebre” scompariranno.

Mons. Antonino Scarcione
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