Testi: “Perdona l’offesa al tuo prossimo e ti saranno rimessi i tuoi peccati” Sir 27, 30-28,7 . “In morte ed in vita siamo del Signore” Rm 14,7-9 .
“Bisogna perdonare sempre di cuore al fratello pentito” Mt 18,21-35.
E’ opportuno evidenziare, subito, come afferma Lucio Pinkus, il paradosso tra il comportamento del re e quello del servo. Sorprende, infatti, che questo potente abbia un atteggiamento compassionevole verso il servo. Notiamo che il potere non lo ha privato della capacità di immedesimarsi della situazione di un suo “inferiore”, cogliendone l’ angoscia e la paura; egli va, addirittura, oltre la richiesta del servo, condonandogli tutto il debito. A questo punto, invece, è importante notare la reazione del suddito, che, pur sperimentando un grande sollievo dalla propria angoscia, tuttavia non è in grado di cogliere la compassione che ha mosso il re.
Mettendo a confronto i due comportamenti, quello del re con quello del servo, emerge l’ incapacità di quest’ ultimo a percepire il senso e il valore della gratuità: il servo non è affatto in grado di provare compassione. E’ incapace di ricevere amore e non sa neppure come darlo. Questo brano ci ricorda come, per crescere nella maturità personale, non siano sufficienti né il diritto, né la giustizia. La divergenza fondamentale tra i due comportamenti è, infatti, rappresentata proprio dal perdono.

C’ è un atteggiamento, largamente diffuso, anche oggi, che è di grande ostacolo al perdono: il narcisismo, cioè, il guardare la vita un modo autoreferenziale. Essendo il nostro “Io” il centro delle dinamiche esistenziali, noi viviamo come offesa imperdonabile tutto ciò che consideriamo lesivo dell’ immagine che abbiamo di noi stessi.
Non è affatto casuale, se nei vangeli, il richiamo di Gesù sulla necessità del perdono si rivolga, talvolta, a personalità narcisiste (ad es. ai farisei). I casi di narcisismo patologico sono difficili da curare. Gli stessi psicoterapeuti sostengono che l’ unica vera cura per le nevrosi narcisistiche sia l’ amore.
Tuttavia, anche ai nostri giorni esistono, fortunatamente, segnali che fanno ben sperare in un cambiamento ed in una conversione sul piano collettivo: per esempio, registriamo un incremento di volontari, impegnati a soccorrere le persone in situazioni di sofferenza e di disagio.
In altri termini, il mero ricorso al diritto e alla giustizia non è sufficiente a creare quell’ uomo nuovo, che il Vangelo richiama costantemente. Nello sforzo di educare noi stessi a sentimenti di misericordia e compassione, vediamo che ci è d’aiuto la fede. Ricordiamo le parole del Signore: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”.
Mons. Antonino Scarcione
Nessun commento:
Posta un commento