Ormai bussa alle porte il mese di
novembre che per noi siciliani è soprattutto il mese dei morti.
La tradizione della “Festa dei Morti”
non è altro che la credenza popolare per cui “le anime dei nostri
congiunti” più cari, una volta l’anno, la notte dall’ 1 al 2 novembre, escono
dalle sepolture e vengono a rallegrare i bambini, lasciando loro secondo i
gusti e i desideri ogni più bella cosa.
Il loro ricordo è sacro e vivo nella
memoria e nel cuore di tutti, è come se tra di loro ed i morti non si siano
spezzati e neppure allentati quegli intimi legami, che li tenevano uniti in
vita e che rimangono saldi oltre la morte.
E’ commovente ed affascinante, nello stesso tempo, la visita al nostro
cimitero-fiorito, sempre come un lussureggiante giardino, e per le tombe,
non importa se umili od imponenti.
Le tremule luci dei lumini con i loro
palpiti richiamano i battiti di mille cuori vivi; i fiori recisi, i migliori,
deposti sulle tombe, significano una bellezza fragile, un tenero messaggio di
gratitudine ed amore; e le visite assidue, alle tombe, presso le quali si
riprende e si continua un colloquio muto, mai interrotto, indicano un punto di
riferimento costante.
Un giorno importante quindi, ma non solo
per i grandi, ma anche e soprattutto per i piccoli, che gioiscono nel ricevere,
proprio nel giorno della Commemorazione dei Defunti, i loro giocattoli tanto
desiderati ed apprezzati.
Ricordo che da bambini, io e mio
fratello, per farci dormire, o comunque per farci stare buoni, mio nonno
Rosario era solito raccontarci che una sera dei “Morti”, un I° novembre in cui era
tornato tardi a casa per via del suo lavoro, aveva incontrato i Morti in
processione, tutti avvolti in bianchi lenzuoli, con una lanterna in mano, che
venivano a due a due dal cimitero di Bellia.
Egli voleva vedere se tra quei morti ci
fosse sua madre, e domandava loro dove si trovasse, e quelli rispondevano:
“Appresso, appresso”. E pensare, che ci sembrava davvero di vedere quella lunga teoria di fantasmi
incappucciati, che dicevano: “appresso, appresso”, e andavamo a letto buoni buoni, sapendo che i morti nel passare per la via ci
avrebbero lasciato i regali.
L’indomani eravamo svegliati dagli scoppiettii delle pistole e dei fucili dei
bambini del vicinato, allora, con urli e con grida di gioia ci precipitavamo in
cucina, nel salotto per trovare il regalo nascosto dove, oh meraviglia delle
meraviglie!!, i Morti ci avevano portato proprio quello che noi avevamo
desiderato: la pistola a tamburo con tanto di fodero, il fuciletto, ispirati a
modelli western, il trenino colla galleria, l’asinello rosso; per le bambine,
bambole ricciolute, il classico Ciccio bello, fornelli e pentolame.
Scesi per strada, per tutta la giornata facendo bella mostra del regalo
ricevuto, felici e gioiosi giocavamo mimando i soldati italiani in guerra
contro i tedeschi, gli indiani con i cawboy.
Ora del passato, resta il pellegrinaggio al Cimitero.
I bambini d’oggi, che si dice nascono
con gli occhi aperti, non credono più ai Morti e il consumismo a portato noi
genitori a smetterla con le favole, si preferisce accompagnare i bambini nel
negozio e fargli scegliere il regalo che vuole nella bancarella di piazza
Cascino.
Inoltre lo strano fascino d’oltre
America ha trasportato il mito di Halloween anche in Italia e a giudicare dal
successo che questa festa “straniera” riscuote da un decennio fra i giovani, continuare
a parlare di Morti e regali pare cosa d’altri tempi.
E poi, a pensarci bene, lo scorso anno
diversi bambini, tra loro mia figlia, suonando il campanello di casa,
baldanzosi snocciolavano il motto sentito e risentito una miriade di volte,
quel “dolcetto o scherzetto” che se ben ricordo la prima volta lo sentii in
quel vecchio cartone di Paperino alle prese con Qui, Quo e Qua.
E che dire infine, il 31 ottobre,
discoteche, pub e altri locali organizzano serate e
nottate all'insegna di horror, vampiri, teschi, fantasmi, pipistrelli
e zucche!.
Insomma, una bella carnevalata, per
esorcizzare la paura della morte e dell’aldilà.
Dei “Morti” resta il simpatico ricordo
solo nel parlare tra amici, dicendo a chi la fa lunga o parla a sproposito:
" Ma a chistu chi nu lassanu i morti? ".
Povere tradizioni se ne vanno e noi, da
inabili protagonisti le facciamo dileguare anche se con tanta pena al cuore.
Filippo Rausa
1 commento:
La tendenza centrifuga legata alla tecnologia comunicativa, ormai in voga da molti anni, sta spingendo adulti ed adolescenti sempre più verso la solitudine. Il nostro intelletto si misura con una “intelligenza interattiva ” , o presunta tale, di un device (si dice così per definire un dispositivo con capacità di interazione) che ci induce verso sempre più illusori colloqui multipli dovendo subire sempre come muto e invalicabile intermediario, un applicativo di messaggistica. Facciamo volontariamente a meno dello scambio emozionale che solo un colloquio fisico in presenza di uno o più interlocutori, ci può regalare. Sono per il progresso ci mancherebbe, ma cum grano salis. Se consentiamo ai nostri figli di far a meno delle “pericolose” attività ludiche esterne di gruppo (menz’a strata) credendo che senza i “f’rretti”, “i ciappeddi” , “u carrozzu” o “u b’gliardinu”, possano crescere più saggi e intelligenti e , soprattutto, protetti da eventuali “n’zinghi d puntagghiadi “ sbagliamo. Facciamo crescere ragazzi intelligenti, iper informati su notizie, su videogiochi, su personaggi, su tendenze più alla moda, ma sostanzialmente più ignoranti riguardo alla cultura di sostanza (senza ricorrere allo sterile nozionismo). Giovani sempre meno capaci di avere e di esporre le loro convinzioni in un aperto dibattito con persone reali.
La ricorrenza dei morti è per i bambini é per le famiglie una delle più forti opportunità di aggregazione, di riaffermazione dei valori che si consolidano nella famiglia fondata sui principi di solidarietà , affetto e rispetto fra generazioni. I regali in se rappresentano e richiamano gioiosamente il ricordo di persone care che ci hanno preceduto e dalle quali dipende la nostra stessa esistenza < i nonni ad esempio>, insieme ai pupi di zucchero da mostrare per la loro pregevole fattura e buonissimi, dopo, per addolcire il latte e l’ossi dei morti , confezionati per sfidare la consistenza delle dentature più forti hanno un ingrediente comune : il piacere di usufruirne in compagnia. Da tali momenti scaturisce naturale il bisogno degli adulti di raccontare ai più giovani episodi di vita passata che hanno come necessario condimento l’uso del dialetto , indispensabile pentagramma di suoni per identificare i luoghi, rievocare le persone e gli accadimenti ad essi connessi. Cerchiamo quindi, pur rispettando le tradizioni altrui, di non svendere, o peggio, di dimenticare le nostre.
buona ricorrenza dei nostri defunti
Michele Suriana
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