"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)



Quello che fai per te stesso morirà con te,quello che fai per gli altri rimarrà per sempre


Palio dei Normanni, 12/13/14 agosto

sabato 31 ottobre 2020

La Domenica con Gesù, TUTTI I SANTI / A

  ……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale

“Io, Giovanni…udii il numero di coloro che furono segnati con sigillo: centoquarantaquattromila…provenienti da ogni tribù…Dopo queste cose vidi…una moltitudine immensa…di ogni nazione, tribù e lingua…” Ap 7,2-4.9-14. 
“…Carissimi, noi fin d’ ora siamo figli di Dio…noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è…” 1 Gv 3,1-3 . 
“…Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli…Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi, per causa mia…Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”. Mt 5,1-12.

Sappiamo bene che le beatitudini non godono di grande popolarità. Infatti, i miti e i misericordiosi, di cui tratta il vangelo odierno, si trovano spesso tra i perdenti della vita.

-“Un volto di umanità trasfigurata”. I santi non sono persone perfette, fin dall’ inizio. Avevano dei difetti, contro i quali hanno dovuto lottare per tutta la vita. Alcuni, come Sant’ Agostino, sono ritornati a Dio dopo un percorso accidentato. La maggior parte di essi non ha compiuto cose stupefacenti. Infatti,molti sono quelli caratterizzati da semplicità e ordinarietà.

-“Un volto che ha i tratti del Cristo”. In ciascuno dei santi e delle sante ritroviamo lo steso profilo di Cristo. Essi hanno dovuto vivere “contro corrente”, rispetto alle idee e ai comportamenti degli uomini del loro tempo. Certamente, vivere le beatitudini non è una cosa spontanea: essere poveri di cuore in un mondo che glorifica il potere e l’ avere; essere miti in un mondo duro e violento; avere un cuore puro e uno sguardo limpido di fronte alla corruzione; fare pace, mentre altri dichiarano la guerra… I santi sono persone attive e appassionate del vangelo, sono stati uomini e donne coraggiose, che ci indicano il cammino della verità e della libertà.

- “Ma perché Gesù dichiara “beati” i poveri in spirito ?”. Perché sono liberi da tutto ciò che potrebbe ostacolare la loro libertà. Perché la gioia è il frutto della libertà. Ma di quale povertà parla Gesù ? Certamente, di quella che permette di credere, sperare e amare.

-Il povero è colui che dà credito a Dio. Quando due persone si fidano l’ una dell’ altra, vuol dire che si danno credito reciprocamente. Dare fiducia, vuol dire abbandonarsi nelle mani di qualcuno. In questo caso, vuol dire fidarsi di Dio.

-Il povero è colui che spera. Il ricco non può sperare, perché ha già tutto. Il povero, invece, è proiettato verso un avvenire, che spera migliore. La sua vita è una ricerca. Il povero è colui che accetta di essere “criticato” dalla parola di Dio.

-Il povero, infine, è colui che ama. Egli è disponibile a servire i fratelli. Egli ascolta le invocazioni dei suoi fratelli e apre le sue mani vuote, per tenderle verso chi ha bisogno: la sua povertà gli consente di ricevere e di donare quel poco che ha.

Le beatitudini non sono facili da accettare e da vivere. Gesù, che le ha proclamate, infatti, ha detto ai discepoli che essi erano nel mondo, ma non del mondo. Non appartenevano al mondo “del ciascuno per sé”, della violenza, della vendetta e del compromesso. Certo, avrebbero ricevuto, in risposta, la persecuzione e l’ insulto, ma questa era la strada della felicità.

Noi, quindi, festeggiamo, oggi, tutti coloro che hanno preso sul serio le beatitudini e che adesso sono pienamente felici. 

                                      Mons. Antonino Scarcione

La Festa dei Morti...


Ormai bussa alle porte il mese di novembre che per noi siciliani è soprattutto il mese dei morti.
La tradizione della “Festa dei Morti” non è altro che la credenza popolare
 per cui “le anime dei nostri congiunti” più cari, una volta l’anno, la notte dall’ 1 al 2 novembre, escono dalle sepolture e vengono a rallegrare i bambini, lasciando loro secondo i gusti e i desideri ogni più bella cosa.
Il loro ricordo è sacro e vivo nella memoria e nel cuore di tutti, è come se tra di loro ed i morti non si siano spezzati e neppure allentati quegli intimi legami, che li tenevano uniti in vita e che rimangono saldi oltre la morte.


E’ commovente ed affascinante, nello stesso tempo, la visita al nostro cimitero-fiorito, sempre come un lussureggiante giardino, e per le tombe, non importa se umili od imponenti.
Le tremule luci dei lumini con i loro palpiti richiamano i battiti di mille cuori vivi; i fiori recisi, i migliori, deposti sulle tombe, significano una bellezza fragile, un tenero messaggio di gratitudine ed amore; e le visite assidue, alle tombe, presso le quali si riprende e si continua un colloquio muto, mai interrotto, indicano un punto di riferimento costante.
Un giorno importante quindi, ma non solo per i grandi, ma anche e soprattutto per i piccoli, che gioiscono nel ricevere, proprio nel giorno della Commemorazione dei Defunti, i loro giocattoli tanto desiderati ed apprezzati.
Ricordo che da bambini, io e mio fratello, per farci dormire, o comunque per farci stare buoni, mio nonno Rosario era solito raccontarci che una sera dei “Morti”, un I° novembre in cui era tornato tardi a casa per via del suo lavoro, aveva incontrato i Morti in processione, tutti avvolti in bianchi lenzuoli, con una lanterna in mano, che venivano a due a due dal cimitero di Bellia.
Egli voleva vedere se tra quei morti ci fosse sua madre, e domandava loro dove si trovasse, e quelli rispondevano: “Appresso, appresso”.
E pensare, che ci sembrava davvero di vedere quella lunga teoria di fantasmi incappucciati, che dicevano: “appresso, appresso”.
E andavamo a letto buoni buoni, sapendo che i morti nel passare per la via ci avrebbero lasciato i regali.
L’indomani eravamo svegliati dagli scoppiettii delle pistole e dei fucili dei bambini del vicinato, allora, con urli e con grida di gioia ci precipitavamo in cucina, nel salotto per trovare il regalo nascosto dove, oh meraviglia delle meraviglie!!, i Morti ci avevano portato proprio quello che noi avevamo desiderato: la pistola a tamburo con tanto di fodero, il fuciletto, ispirati a modelli western, il trenino colla galleria, l’asinello rosso; per le bambine, bambole ricciolute, il classico Ciccio bello, fornelli e pentolame.
Scesi per strada, per tutta la giornata facendo bella mostra del regalo ricevuto, felici e gioiosi giocavamo mimando i soldati italiani in guerra contro i tedeschi, gli indiani con i cawboy. 
Ora del passato, resta il pellegrinaggio al Cimitero.
I bambini d’oggi, che si dice nascono con gli occhi aperti, non credono più ai Morti e il consumismo a portato noi genitori a smetterla con le favole, si preferisce accompagnare i bambini nel negozio e fargli scegliere il regalo che vuole nella bancarella di piazza Cascino.
Inoltre lo strano fascino d’oltre America ha trasportato il mito di Halloween anche in Italia e a giudicare dal successo che questa festa “straniera” riscuote da un decennio fra i giovani, continuare a parlare di Morti e regali pare cosa d’altri tempi.
E poi, a pensarci bene, lo scorso anno diversi bambini, tra loro mia figlia, suonando il campanello di casa, baldanzosi snocciolavano il motto sentito e risentito una miriade di volte, quel “dolcetto o scherzetto” che se ben ricordo la prima volta lo sentii in quel vecchio cartone di Paperino alle prese con Qui, Quo e Qua.

E che dire infine, il 31 ottobre, discoteche, pub e altri locali organizzano serate e nottate all'insegna di horror, vampiri, teschi, fantasmi, pipistrelli e zucche!.
Insomma, una bella carnevalata, per esorcizzare la paura della morte e dell’aldilà.
Dei “Morti” resta il simpatico ricordo solo nel parlare tra amici, dicendo a chi la fa lunga o parla a sproposito: " Ma a chistu chi nu lassanu i morti? ".
Povere tradizioni se ne vanno e noi, da inabili protagonisti le facciamo dileguare anche se con tanta pena al cuore.

                                                                                       Filippo Rausa
 

mercoledì 28 ottobre 2020

Una targa ricordo per il compleanno di mons. Scarcione

Pur con le limitazioni della DPCM del Governo, abbiamo voluto festeggiare nella sede del quartiere, il compleanno di una grande personalità, Monsignor Antonino Scarcione.
Il dono di una targa ricordo, quale segno di grande affetto e stima del Presidente, dei Soci del direttivo e del Popolo tutto del nobile quartiere Monte Mira.







 



Auguri di Buon Compleanno a Mons. Antonino SCARCIONE



Oggi, 28 ottobre, Mons. Antonino Scarcione, nostro consulente ecclesiastico, celebra il Suo Compleanno.

La Presidenza ed il Consiglio Direttivo con profondo affetto porgono un Augurio particolare e di Cuore a padre Scarcione, uomo saggio e guida instancabile, che il Signore possa sempre guidarlo e sostenerlo nel cammino della sua vita e nel ministero sacerdotale a servizio della Chiesa.

Tantissimi Auguri di vero cuore.


sabato 24 ottobre 2020

La Domenica con Gesù, XXX del Tempo Ordinario / A

  ……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale

“…Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perchè voi siete stati forestieri i Egitto. Non maltrattate la vedova o l’ orfano. Se…lo maltrattate, quando invocherà da me l’ aiuto, io darò ascolto al su grido…le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani. Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo…non ti comporterai…da usuraio…Voi non dovete imporgli alcun interesse. Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai prima del tramonto del sole, perché è la sua sola coperta…” Es 22,20-26 . 
“Fratelli,…per mezzo vostro la parola del Signore risuona…dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne. Sono essi infatti a raccontare…come vi siete convertiti dagli idoli a Dio…” 1Ts 1,5c-10 . 
“…Maestro, nella legge, qual è il grande comandamento ? …Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente…Il secondo…è…Amerai il tuo prossimo come te stesso…” Mt 22,34-40.

“Maestro, qual è il grande comandamento ? Notiamo che questo è un interrogativo serio e legittimo, motivato dall’ esigenza di sintetizzare ben 613 precetti, presenti nella Torah (La Legge) e nei Profeti. 
La domanda è, però, inficiata in partenza dall’ intenzione malvagia del dottore della Legge, che “lo interrogò, per metterlo alla prova”. Gesù, pur accorgendosi della cattiveria dell’ interlocutore, risponde senza polemica: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. 
Citando esattamente il testo del Deuteronomio 6,4-9: “Shemà Israe’el” (= Ascolta Israele ). E’ proprio la famosa professione di fede, ripetuta, ben tre volte al giorno, dal credente ebreo: “ Al Dio che ci ama di un amore eterno (cfr. Ger 31,3 ), a lui che ci ama per primo ( cfr. 1 Gv 4,19) , si risponde con un amore libero e pieno di gratitudine “.

A questo punto, Gesù, però, aggiunge le parole del Libro del Levitico: “Amerai il tuo prossimo come te stesso” (cfr. Levitico 19,18 ). Gesù, quindi, puntualizza che l’ amore di Dio e del prossimo sono in stretta relazione tra loro. Infatti, se ogni uomo è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio, non è possibile amare Dio e, nello stesso tempo, disprezzare l’ uomo. 
Chi, infatti, non ama il fratello che vede, non può amare Dio che non vede. In poche parole, Gesù invita il suo interlocutore a fare chiarezza in sé stesso e a cambiare il suo modo di pensare e di agire.

Al termine del dialogo, Gesù afferma: “Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e Profeti”. 
Egli ribadisce, così, che l’ amore è il modo più semplice, per tradurre, nella nostra vita, l’amore che ha spinto Dio ad entrare in relazione con noi. 
Inoltre, il Signore chiarisce che ciò, di cui sta parlando, non è un sentimento spontaneo, che sgorga dal cuore. No, è, invece, l’ amore vero, quello Dio offre gratuitamente a noi, quello che non esige il contraccambio. E’ quell’ amore, che, come afferma Lucio D’Abbraccio, costituisce il pressante appello ad ogni cristiano: “Tutto quello che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro…” (cfr. Matteo 7,12 ).

Noi, conseguentemente, facciamo tesoro di quello che diceva, già, San Giovanni Crisostomo, tanti secoli fa: “ Dio non ha bisogno di vasi d’ oro, ma di anime d’ oro” (=cioè, piene d’ amore di Dio ). 

                                            Mons. Antonino Scarcione

Una lapide per la Cattedrale...

 


A proposito del CAMBIO dall'ora legale a quella solare...

 




giovedì 22 ottobre 2020

Torna l'ora solare: da sabato notte lancette indietro di un'ora. Sarà per l'ultima volta?


Dalle 3 di domenica orologi fissati alle 2. L'ora legale torna a fine marzo, ma non è sicuro...

Nella notte tra sabato e domenica prossimi, 24 e 25 ottobre, torna l’ora solare e quindi le lancette dell’orologio dovranno essere portate indietro di un’ora, dalle 3 alle 2 di notte. 
Guadagneremo un’ora di sonno ma solo per una mattina, ma perderemo un’ora di luce nel pomeriggio e quindi davvero sarà già buio intorno alle 17. 

L’ora legale tornerà nella notte tra il 27 e 28 marzo 2021. Potrebbe anche essere l’ultima volta perché il parlamento di Strasburgo ha votato a favore dell’abolizione dell’ora legale a partire dal 2021 ma ogni stato membro dell’Ue ha la facoltà di scegliere. 
L’Italia non ha apportato alcuna modifica e al momento ha detto no all’abolizione dell’ora legale.

mercoledì 21 ottobre 2020

Anniversario della dedicazione della Basilica Cattedrale di Piazza Armerina

 
Oggi, 21 Ottobre 2020 ricorre una data importante per la Città e per la Diocesi di Piazza Armerina, infatti, si celebra il 278° anniversario della dedicazione della nostra Basilica Cattedrale.
 
A proposito di date da ricordare ed incidere nella memoria storica, già qualche anno fa, parroco don Filippo Bognanni, il nobile quartiere Monte Mira e l'associazione Mira 1163 avevano proposto di fare realizzare una lapide che ricordasse la elevazione alla dignità di Basilica minore della nostra Chiesa, avvenuta nel febbraio del 1962 per volontà di papa Giovanni XXIII.
Nei prossimi giorni sarà cura dei proponenti inviare una nota scritta al neo parroco della Basilica Cattedrale, don Giovanni Tandurella, nella speranza che questa possa essere accolta con favore. 

Nel pomeriggio, alle ore 17:30 recita del Santo Rosario, alle ore 18:00 Solenne Celebrazione Eucaristica.
 
 
Basilica minore (lat.: basilica minor), è una denominazione onorifica che il papa concede, tramite un breve apostolico, a edifici religiosi cattolici particolarmente importanti attribuendovi il rango di basilica. Attribuzione e denominazione non sono riferite allo stile e alla omonima tipologia architettonica.

Una basilica minore può avere anche il titolo di basilica papale: attualmente questo status è stato concesso solo alla basilica di San Francesco e alla basilica di Santa Maria degli Angeli, che sono perciò “basiliche papali minori”.

Tutte le altre basiliche sono invece dette basiliche pontificie minori o semplicemente basiliche pontificie.

Fra le chiese di una diocesi, il maggiore prestigio e dignità spettano comunque alla cattedrale, nella quale è collocata la cattedra del vescovo, segno della comunione con la Santa Sede. 

Al via i lavori del "Piano Particolareggiato" del Centro Storico

 


domenica 18 ottobre 2020

La Domenica con Gesù, XXIX del Tempo Ordinario / A

  ……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale


“…Io sono il Signore e non c’ è alcun altro, fuori di me non c’ è dio…” . Is 45,1.4-6 . 
“Paolo e Silvano e Timoteo alla Chiesa dei Tessalonicesi…Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere…” 1 Ts 1,1-5b . “…I farisei…tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi…:E’ lecito, o no, pagare il tributo a Cesare ? Ma Gesù…rispose: ipocriti…Mostratemi la moneta del tributo…Gli presentarono un denaro. Egli domandò: questa immagine e l’ iscrizione, di chi sono ?...Risposero: di Cessare. Allora disse loro: Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” Mt 22,15-21.

(La recente celebrazione della Giornata Mondiale della Cura del Creato agevola le suggestioni proposte da Ermes Ronchi sul vangelo di questa Domenica). Ecco una domanda cattiva fatta a Gesù: è lecito, o no, pagare le tasse a Roma, la capitale dell’ Impero Romano, da cui dipende la Palestina ? Quelli che parlano sono partigiani di Erode, un fantoccio di Roma, insieme ai farisei, i “puri” e duri, che sognano un governo teocratico. Non si sopportano tra loro, ma in questo momento sono alleati contro un nemico comune, Gesù, un giovane predicatore, di cui temono le idee. La loro trappola è ben studiata: scegli: o con noi o contro di noi ! Bisogna pagare, o no, le tasse all’ Impero Romano ? Gesù risponde, cambiando le loro prospettive. 1) Sostituisce il verbo “pagare” col verbo “restituire” e dice: restituite a Cesare ciò che è di Cesare. Cioè, ridate a Cesare e a Dio, alla società e alla famiglia, agli altri e alla “casa comune”, qualcosa in cambio di ciò che avete ricevuto. Esatto, noi tutti siamo “impigliati” in un tessuto di doni. Viviamo del dono di “un’ ospitalità cosmica”. Ad esempio, “Il debito di esistere” e “il debito di vivere” si pagano, soltanto, restituendo molto alla vita.

Rendete a Cesare. Ma chi è Cesare ? Lo Stato, il potere politico (con il suo Panteon di facce note e poco amate ? ). No, Cesare indica molto di più. Come dice E. Ronchi, “il vero nome di Cesare, oggi, è non solo la società, ma il bene comune: terra e poveri, aria e acqua, clima e creature, unica arca di Noè, su cui tutti ci troviamo. E non ce n’è un’ altra di riserva. Abbiamo ricevuto molto, ora non deprediamo, non avveleniamo, non mutiliamo la madre terra, ma prendiamocene cura.

Il secondo cambio di prospettiva: Cesare non è Dio ( i Romani offrivano l’ incenso alla divinità dell’ imperatore). Gesù toglie a Cesare ogni pretesa divina. Restituiamo, quindi, a Dio quello che è di Dio. Cioè, l’ uomo, fatto di poco inferiore agli angeli (cfr. Salmo 44). Prendiamo coscienza che sulla nostra mano portiamo inciso: io appartengo al Signore (Cfr. Isaia 44,5). Sono come parole di un decreto, che sancisce la nostra libertà: Io non appartengo a nessun potere. Su ogni potere umano c’ è l’ordine perentorio di “non mettere le mani sull’ uomo”. L’ uomo non dev’ essere violato, umiliato, abusato. Cosa restituirò a Dio ? La triplice cura: di me, del mondo e degli altri ed, inoltre, lo stupore, che, cioè, tutto è “un dono di luce, avvolto in bende di luce” (Rab, ia).

                                            Mons. Antonino Scarcione

lunedì 12 ottobre 2020

Una scala per arrivare al Castello Aragonese




L'Aforisma della Settimana


 

LA BANDIERA DEL REGNO DI SICILIA E LA SCOPERTA DELL'AMERICA


Il 12 Ottobre del 1492, nel nome di Ferdinando d'Aragona ed Isabella di Castiglia, Cristoforo Colombo effettuava la più importante scoperta geografica della Storia: la scoperta dell'America.
Pochi sanno che su quelle tre navi (la Niña e la Pinta due caravelle), e in particolar modo sulla Santa Maria (una caracca), la nave ammiraglia comandata dallo stesso Colombo, svettavano le bandiere e gli scudi del Regno di Sicilia, essendo Ferdinando d'Aragona anche Re di Sicilia.
Con la scoperta dell'America il mondo stava veramente per cambiare e non è un caso che gli storici, per convenzione, fanno coincidere la fine del Medioevo proprio con la scoperta del Nuovo Mondo.
E così i Siciliani, tra il serio e il faceto, potranno dire: "Noi quel giorno c'eravamo!"
Ma la Bandiera del Regno di Sicilia, con le sue inconfondibili Aquile Sveve, non ha accompagnato soltanto Cristoforo Colombo in uno dei viaggi più importanti della Storia; perché vedremo infatti quella stessa Bandiera trionfare sul Tricolore Francese di Napoleone Bonaparte.
Insomma un retaggio e una tradizione di tutto rispetto e prestigio.
(Video: Rai - Isabel)




domenica 11 ottobre 2020

Don Alessio Aira è il nuovo vicario parrocchiale della Basilica Cattedrale.


don Alessio Aira e don Giovanni Tandurella

Per volontà di Sua Eccellenza il Vescovo mons. Rosario Gisana, così come comunicato il 5 ottobre scorso dal Parroco della Cattedrale, don Giovanni Tandurella, è stato nominato nuovo vicario parrocchiale della Basilica Cattedrale di Piazza Armerina don Alessio Aira.

A don Alessio, il Presidente e il Consiglio direttivo del nobile quartiere Monte Mira augurano ogni bene, certi della protezione materna di Maria SS. delle Vittorie.

https://www.facebook.com/MariaSantissimadelleVittorie

Don Alessio, così come riportato sul sito della Diocesi di Piazza Armerina, in data 5 settembre, il Vescovo mons. Rosario Gisana lo ha anche nominato nuovo Cancelliere Vescovile. 

Don Alessio Aira, succede a mons. Guido Ferrigno dimessosi per raggiunti limiti di età. 

Don Alessio, ha 34 anni ed è originario di Villarosa. Sacerdote dal 22 luglio 2017, don Alessio, ha conseguito la licenza in Storia della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana in Roma.

http://www.diocesipiazza.it/2020/09/nuovo-cancelliere-vescovile/



La Domenica con Gesù, XXVIII del Tempo Ordinario / A

 ……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale

“Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande,…di vini eccellenti, di cibi succulenti…Eliminerà la morte…asciugherà le lacrime…” Is 25,6-10a . “Fratelli, so vivere nella povertà come so vivere nell’ abbondanza…Tutto posso in colui che mi dà la forza…” Fil 4,12-14.19-20 . 
“…Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio…Mandò a chiamare gli invitati…ma questi non volevano venire…E andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari…altri…presero i servi, li insultarono e li uccisero…” Mt 22,1-14.

Festa grande: si sposa il figlio del re. Stranamente, però, gli invitati cominciano ad accampare varie scuse: hanno degli impegni, affari da concludere…Non hanno tempo per cose di “poco conto” ! . “L’ idolo della quantità, come afferma Ermes Ronchi, ha chiesto che gli fosse sacrificata la qualità della vita” .

Vediamo che il centro della parabola è proprio questo: Dio è come uno che organizza una festa, invita gli uomini e “mette sul piatto le condizioni per una vita buona, bella e gioiosa”. Il Vangelo è l’ affermazione che “la vita è una ricerca della felicità e Gesù ne possiede la chiave”.

Ma nessuno viene alla festa: la sala è vuota. Il re, quindi, invita i
servitori quasi a “certificare il fallimento del primo invito” e poi a cercare altri invitati nelle periferie. Uomini e donne di nessuna importanza. E’ sufficiente che abbiano fame di vita e di festa. Se i cuori degli invitati “si chiudono”, il Signore apre incontri altrove: inviterà, infatti, al banchetto altri affamati. I servi hanno un ordine preciso: quello di chiamare alle nozze tutti quelli che incontrano, senza badare a meriti o a formalità. E’ davvero bello questo Dio, che quando è rifiutato, dice: chiamate tutti. Egli apre, “gioca al rilancio”. E dalle persone importanti della città passa agli ultimi. Ribadisce ancora: fateli entrare tutti, cattivi e buoni. Ora la sala è piena. E quando scende tra i commensali, emerge l’ immagine di “un Dio con noi”, che entra nel bel mezzo della vita. Noi lo pensiamo lontano. Invece, è nel mondo, come uno, a cui sta a cuore la nostra gioia e si prende cura dell’ uomo.

Adesso, spicca un altro aspetto della parabola. Un invitato senza abito da nozze. E viene buttato fuori. Ma come, aveva fatto invitare mendicanti e straccioni e ora si meraviglia che un tale non abbia il vestito consono ? Proprio così. Perché l’ abito nuziale non è quello che si indossa sulla pelle, è un “vestito, che si porta dentro di sé, nel cuore”. E’ un cuore, che sogna la festa della vita, che desidera credere, “perché credere è una festa”.

Anch’ io, dice il teologo, sono quello che sono, ho l’ abito un po’ rattoppato. Ma il cuore, no. Perché il mio cuore desidera che tornino subito la gioia e la festa nelle case. Mi sento come un mendicante di cielo. 

                                     Mons. Antonino Scarcione

venerdì 9 ottobre 2020

La Chiesa Madre di Piazza Armerina tra architettura, iconografia e pietà popolare.


📌 Appuntamento oggi in Basilica Cattedrale alle ore 19,00.
Per chi fosse impossibilitato potrà seguire l'evento culturale che sarà trasmesso in diretta su questa pagina Facebook.

https://www.facebook.com/MariaSantissimadelleVittorie/videos/3532458826862132