“IN QUESTA DOMENICA LA CHIESA CI PREPARA ALLA VENUTA DEL GIORNO DEL SIGNORE. COME VIVERE IL PRESENTE ? LA PAROLA CI INVITA ALLA RESPONSABILITA’ OPEROSA E ALLA CAPACITA’ CREATIVA, COMBATTENDO L’ OZIO E LA PAURA DI NON ESSERE ALL’ ALTEZZA DELLE SITUAZIONI E DI ESSERE GIUDICATI DA UN DIO DURO E SEVERO. SOLTANTO L’ UOMO CHE CONFIDA NEL SIGNORE VIVRA’ COME FIGLIO DELLA LUCE, RESTANDO SVEGLIO E SOBRIO. LA VIGILANZA ATTIVA FA FRUTTIFICARE I TALENTI CHE DIO HA DATO A CIASCUNO”.
La parabola dei tre servi fa parte delle parabole parenetiche (=esortative), che Matteo riporta a conclusione del discorso sulla “parusia” (la venuta) del Signore. Anch’ essa contiene le indicazioni spirituali pratiche sul come attendere il Signore, anche se la sua venuta è dilazionata nel tempo. I protagonisti sono il padrone e i servi.
“Una parabola in tre quadri”. Il primo è costituto dall’ affidamento dei beni ai servi e dalla partenza del padrone. La caratterizzazione dei servi viene fatta in base al diverso affidamento dei beni, tradotti in termini monetari in forma di talento: al primo cinque, al secondo due, ad un altro uno. “Secondo le capacità di ciascuno”. La diversa distribuzione non ha lo scopo di discriminare o creare presupposti psicologici per il comportamento successivo dei servi, ma quello di responsabilizzare i tre servi nei confronti del loro padrone. Il secondo quadro riguarda il comportamento dei servi nell’ attesa del padrone. I primi due si distinguono per l’impegno che li porta a raddoppiare i talenti ricevuti. Contrapposto a questi è il terzo servo, che nasconde il talento in una buca.
Il terzo quadro appare ampio e dettagliato. Descrive la venuta del padrone e il rendiconto dei servi. E’ questo il momento critico di tutta la vicenda. Vediamo che l’ incontro del padrone con i servi è incentrato su un dialogo.
Nel caso dei primi due servi il dialogo è simmetrico. Procede con lo stesso ritmo: la resa dei talenti è raddoppiati e segue l’ elogio del padrone: “Bene, servo buono e fedele”. E in fine la ricompensa, che, nella parte finale, oltrepassa la prospettiva: “prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
“Una questione relazionale”. Il terzo dialogo è quello sul quale Matteo richiama l’attenzione. Il servo si presenta con parole di scusa, nelle quali proietta sul padrone la sua paura. “So che sei un uomo duro…Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. La scelta del terzo servo è determinata unicamente dalla paura. Essa deriva dall’ immagine errata che egli si è fatto del suo padrone. Vediamo che queste parole vengono riprese nella risposta del padrone e suonano come accusa e condanna irreversibile. Gli viene tolto il talento ed egli stesso viene gettato fuori nelle tenebre, dove “sarà pianto e stridore di denti”. Anche questa condanna va oltre la cornice della parabola ed evoca la rovina in cui precipita il servo “malvagio e pigro”.
“Paura o fiducia ?”. E’, certamente, possibile individuare il significato della parabola del vangelo odierno. Il padrone è il Signore. I servi sono i discepoli che hanno ricevuto l’ impegno ad attuare la fede in una prassi di amore generoso. Emerge che la falsa relazione col padrone, dominata dalla paura, impedisce un impegno attivo e generoso.
Per attualizzare il significato della parabola dei talenti, è opportuno non perdere di vista il suo punto centrale: il contrasto tra i primi due servi e il terzo. Il tono del messaggio è severo, anzi tragico. Vuole togliere ogni alibi ai suoi lettori o ascoltatori cristiani di fronte alla responsabilità di agire con decisione e coraggio. Alla fine essi saranno accolti nella comunione con il loro Signore o esclusi e condannati alla rovina definitiva in base alla loro risposta attiva ai doni ricevuti. E’ determinante l’ impegno. E questo dipende dalla relazione di fiducia che si ha col Signore. Infatti, viene condannato il servo fannullone che è come paralizzato dalla sua paura. Nel suo caso manca la relazione di fiducia, che mette in moto la responsabilità creativa e attiva.
E’ fuori luogo ed inutile chiedersi in che cosa consistano i “talenti”: sono doni naturali ?. E la chiamata alla fede ? Sono dei compiti ministeriali nella comunità ?. Ciò che interessa è la risposta attiva e responsabile dei singoli.
E’ da notare che non esiste una vera proporzionalità tra il rendimento dei primi due servi e la loro ricompensa. Essi ricevono lo stesso trattamento. Come i “talenti” ricevuti in affidamento, così anche il premio esorbitante, alla fine, da parte del Signore, restano nell’ambito della gratuità. Si tratta, però, di una gratuità che impegna, perché si alimenta alla relazione di fiducia dei credenti nel Signore.
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