"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)



Quello che fai per te stesso morirà con te,quello che fai per gli altri rimarrà per sempre


Palio dei Normanni, 12/13/14 agosto

domenica 1 ottobre 2023

LA DOMENICA CON GESU', XXVI DEL TEMPO ORDINARIO / A

  …… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale

“…Se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male e…muore, egli muore appunto per il male che ha commesso. E se il malvagio si converte dalla sua malvagità…e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere sé stesso…egli certo vivrà e non morirà” Ez 18,25-28 . 

“…Non fate nulla per rivalità o vanagloria…ma ciascuno…consideri gli altri superiori a sé stesso…Cristo Gesù…non ritenne un privilegio l’ essere come Dio, ma svuotò sé stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini…Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome…” Fil 2,1-11 . 

“…Un uomo aveva due figli…Al primo disse: Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna…Rispose: Non ne ho voglia…Poi si pentì e vi andò…Al secondo…disse lo stesso. Ed egli rispose: Sì, Signore. Ma non vi andò…” Mt 21,28-31.


“DUE FIGLI SONO INVITATI DAL PADRE A LAVORARE
NELLA VIGNA. UNO ACCONSENTE, MA POI NON CI VA. L’ ALTRO RIFIUTA, MA POI VI SI RECA. QUESTA PARABOLA E’ UN RICHIAMO PER TUTTI SULLA NECESSITA’ DELLA CONVERSIONE”.


Facciamo tesoro della riflessione di un importante studioso, Ermes Ronchi. Come afferma Matteo (21,28-32), Gesù disse: Un uomo aveva due figli. Al primo disse: Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna. Rispose: Non ne ho voglia. Poi si pentì e vi andò. Al secondo disse la stessa cosa. Ed egli rispose: Sì, Signore. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del Padre ?. Il primo, risposero i capi dei sacerdoti e gli anziani.

Dalla parabola capiamo che “ogni figlio aveva due cuori. E’ l’ esperienza di tutti: noi abbiamo, dentro di noi, un cuore che dice sì e uno che dice no. Non esiste un terzo figlio dal cuore unificato, ideale, che incarni, cioè, la coerenza tra il dire e il fare. Siamo persone che viviamo, dentro di noi, delle contraddizioni. Anche San Paolo afferma: Non capisco me stesso: faccio il male che non vorrei e il bene che vorrei non riesco a farlo (Rm 7,15.19).

Ma tutti siamo in cammino verso un cuore “unificato”. Sant’ Antonio del deserto diceva: anche nel monaco, nascosto nella più sperduta grotta del monte, c’ è una guerra: “la guerra del cuore”. Il conflitto di scelte contraddittorie: il misurarsi con la forza “selvatica” del desiderio.

Vediamo che la parabola prende avvio dalle relazioni, padre-figli. La prima azione, riportata nel testo, è un ordine: Figlio, va’ oggi a lavorare nella vigna. Il racconto è la reazione a un comando, percepito, da entrambi i figli, come un’ imposizione, un peso da scrollarsi di dosso, o a parole o con i fatti. Se sul piano della nostra vita personale, anche noi, ci sentiamo esecutori di ordini di un Dio, che s’ impone come padre-padrone, viviamo la religione come un insieme di regole e divieti. Quindi, quasi tutto, ci appare proibito e obbligatorio.

Ma Dio non è un dovere. E’ uno stupore: in principio della fede c’ è il Vangelo: una bella, gioiosa, lieta notizia. Dio è venuto ed ha messo sogni nuovi nel cuore. Non ha piantato altri paletti. Ma ci ha dato ulteriori ali, per volare lontano e giungere, più speditamente, alla felicità: alla vita buona, bella e beata di Gesù. In principio c’ è il regno di Dio: ma come un vino di festa, un banchetto di condivisione; una vigna profumata di grappoli d’ uva.

Nella parabola è certamente in gioco la base del nostro rapporto con Dio. Infatti, il primo figlio si pentì ed andò a lavorare. Letteralmente, come dice il sacro testo, “egli si convertì, cambiò mentalità”.

Il tema centrale non è quello etico, bensì quello teologico: la scoperta stupefacente del senso della storia. Il primo figlio ha capito che la vigna di famiglia produce un vino, simbolo di festa e di gioia per tutta la casa.

Non un campo di lavori forzati, ma un luogo dove il mondo diventa più fecondo e più bello. Allora egli va nella vigna, per rendere meno arida la terra e meno sterile la storia. 

                                            Mons. Antonio Scarcione

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