domenica 6 ottobre 2013
La Domenica con Gesù, XXVII del Tempo Ordinario/C
……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale
Testi:
"Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti...Ho davanti a me
rapina e violenza...Ecco soccombe colui che non ha l' animo retto, mentre il
giusto vivrà per la sua fede"...Ab 1, 2-3; 2, 2-4 . Figlio mio, ti ricordo
di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l'imposizione delle mie
mani..." II Tim 1, 6-8. 13-14. "Accresci la nostra fede !
"..." Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a
questo gelso: sradicati e vai a piantarti nel mare, ed esso vi
obbedirebbe"...Lc 17, 5-10.
Il
tono minaccioso ed accorato evidenzia l'urgenza e l'importanza di operare
scelte radicali, per non essere d' inciampo nel cammino dei fratelli. In Luca,
la mancanza di correzione fraterna e di perdono, è considerata una
forma di scandalo :" Se il tuo fratello commetterà una colpa...sette volte
al giorno... e sette volte ritornerà a te dicendo: "Sono pentito", tu
gli perdonerai".
Dinanzi
alla prospettiva di un perdono "inquietante", perché illimitato, gli
apostoli chiedono a Gesù di aumentare la loro fede. Ciò rende evidente che la
fede non è il risultato di uno sforzo umano, ma è dono. La risposta di
Gesù invita a porre in atto ciò che essi già possiedono, perché anche una fede
"minima" produce risultati prodigiosi, perché "nulla è
impossibile per chi crede". Non si tratta, quindi, di misurare la fede con
il criterio della quantità, bensì con quello dell' autenticità. In estrema
sintesi, il Signore sembra dire che bisogna attivare la fede che possediamo.
Luca
ci ricorda che la fede è relazione, relazione con Dio, a cui nulla è
impossibile. Conseguentemente, la qualità della fede è determinata dalla
qualità del mio rapporto con Dio. Io, però, mi relaziono con Dio per ciò che
sono o per ciò che pretendo di essere ?
Gesù
racconta una parabola, che ruota attorno a due domande retoriche, che egli
pone, per attirare l'attenzione degli uditori. Il significato della parabola
potrebbe essere questo: al servo è richiesto di comportarsi da servo. Dopo aver
lavorato tutto il giorno nel campo, è "normale" che continui a
servire il padrone a tavola. Ciò può risuonare socialmente ingiusto ai nostri
orecchi, ma nella Palestina del I secolo, doveva essere ampiamente
condiviso. Notiamo che l'applicazione della parabola ai discepoli risulta
complicata, per l' uso dell' aggettivo "inutile" (quando avrete fatto
il vostro servizio, ritenetevi servi inutili). Cosa avrà voluto dire Gesù ?
Vuole forse togliere valore all'azione umana ? Credo che il Signore
voglia "spingere" gli apostoli ad un sano realismo. Il discepolo,
consapevole che tutto ciò che è e possiede gli è stato donato, non vivrà
nell' orgoglio, ma trasformerà la propria esistenza in un canto di lode a Dio,
da cui tutto proviene.
Il
commento migliore a questo brano è costituito probabilmente dalla risposta
di D. Bonhoeffer alla domanda su che cosa avrebbe voluto fare della sua vita.
Egli rispose: "Io vorrei imparare a credere". Spiegando cosa
intendesse dire con le parole "imparare a credere", scrive:
" Più tardi ho appreso, e continuo ad apprenderlo anche ora, che si impara
a credere solo nel pieno essere al di qua della vita. Quando si è
completamente rinunciato a fare qualcosa di noi stessi (un santo, un peccatore
pentito o un uomo di chiesa) e questo io chiamo essere al di qua, cioè
vivere nella pienezza degli impegni, dei problemi, dei successi e degli insuccessi,
delle esperienze, delle perplessità, allora si veglia come Cristo nel Getsemani
e, io credo, questa è fede, questa è conversione e così si
diventa uomini, si diventa cristiani".
Essere
servi inutili equivale, quindi, a "rinunciare a fare qualcosa di noi
stessi", per lasciarci fare da Dio. Soltanto perchè lui ci precede,
possiamo seguire; soltanto perchè lui perdona, possiamo perdonare;
soltanto perchè lui è con noi possiamo continuare ad annunciare il
Vangelo, persino nella persecuzione e nel martirio ".( 2 Tm 2,6
).
Mons. Antonio Scarcione
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