"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)



Quello che fai per te stesso morirà con te,quello che fai per gli altri rimarrà per sempre


Palio dei Normanni, 12/13/14 agosto

domenica 6 ottobre 2013

La Domenica con Gesù, XXVII del Tempo Ordinario/C

……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale

Testi: "Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti...Ho davanti a me rapina e violenza...Ecco soccombe colui che non ha l' animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede"...Ab 1, 2-3; 2, 2-4 . Figlio mio, ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l'imposizione delle mie mani..." II Tim 1, 6-8. 13-14. "Accresci la nostra fede ! "..." Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: sradicati e vai a piantarti nel mare, ed esso vi obbedirebbe"...Lc 17, 5-10.

 
" Accresci in noi la fede! " Ci chiediamo: da quale esperienza scaturisce la richiesta degli apostoli ? Il capitolo 17 di Luca ci viene in aiuto con il famoso ammonimento contro gli scandali. "Skandalon" (= Ciò che salta. Come la trappola dei cacciatori per catturare la preda. In senso lato è anche l' ostacolo collocato nel cammino del nemico). Appare difficile capire di quale "inciampo" o in che cosa consista lo scandalo, di cui si parla. Dal confronto col testo di Matteo (18,6-7) e dalla indicazione dei "piccoli", come vittime degli scandali, sembra che si tratti di rapporti interni alla stessa comunità. I piccoli sono forse i fratelli più fragili, che rischiano di perdere la fede. Le metafore, presenti anche in Mc 9, 42 e Mt 18,6-7, sottolineano questo momento con le parole: "E' meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli". 

 Il tono minaccioso ed accorato evidenzia l'urgenza e l'importanza di operare scelte radicali, per non essere d' inciampo nel cammino dei fratelli. In Luca, la mancanza di correzione fraterna e di perdono, è considerata una forma di scandalo :" Se il tuo fratello commetterà una colpa...sette volte al giorno... e sette volte ritornerà a te dicendo: "Sono pentito", tu gli perdonerai".

 Dinanzi alla prospettiva di un perdono "inquietante", perché illimitato, gli apostoli chiedono a Gesù di aumentare la loro fede. Ciò rende evidente che la fede non  è il risultato di uno sforzo umano, ma è dono. La risposta di Gesù invita a porre in atto ciò che essi già possiedono, perché anche una fede "minima" produce risultati prodigiosi, perché "nulla è impossibile per chi crede". Non si tratta, quindi, di misurare la fede con il criterio della quantità, bensì con quello dell' autenticità. In estrema sintesi, il Signore sembra dire che bisogna attivare la fede che possediamo.

 Luca ci ricorda che la fede è relazione, relazione con Dio, a cui nulla è impossibile. Conseguentemente, la qualità della fede è determinata dalla qualità del mio rapporto con Dio. Io, però, mi relaziono con Dio per ciò che sono o per ciò che pretendo di essere ?

 Gesù racconta una parabola, che ruota attorno a due domande retoriche, che egli pone, per attirare l'attenzione degli uditori. Il significato della parabola potrebbe essere questo: al servo è richiesto di comportarsi da servo. Dopo aver lavorato tutto il giorno nel campo, è "normale" che continui a servire il padrone a tavola. Ciò può risuonare socialmente ingiusto ai nostri orecchi, ma nella Palestina del I secolo, doveva essere ampiamente condiviso. Notiamo che l'applicazione della parabola ai discepoli risulta complicata, per l' uso dell' aggettivo "inutile" (quando avrete fatto il vostro servizio, ritenetevi servi inutili). Cosa avrà voluto dire Gesù ? Vuole forse togliere valore all'azione umana ? Credo che il Signore voglia "spingere" gli apostoli ad un sano realismo. Il discepolo, consapevole che tutto ciò che è e possiede gli è stato donato, non vivrà nell' orgoglio, ma trasformerà la propria esistenza in un canto di lode a Dio, da cui tutto proviene.

 Il commento migliore a questo brano è costituito probabilmente dalla risposta di D. Bonhoeffer alla domanda su che cosa avrebbe voluto fare della sua vita. Egli rispose: "Io vorrei imparare a credere". Spiegando cosa intendesse dire con le parole "imparare a credere", scrive: " Più tardi ho appreso, e continuo ad apprenderlo anche ora, che si impara a credere solo nel pieno essere al di qua della vita. Quando si è completamente rinunciato a fare qualcosa di noi stessi (un santo, un peccatore pentito o un uomo di chiesa) e questo io chiamo  essere al di qua, cioè vivere nella pienezza degli impegni, dei problemi, dei successi e degli insuccessi, delle esperienze, delle perplessità, allora si veglia come Cristo nel Getsemani e, io credo, questa è fede, questa è conversione e così si diventa uomini, si diventa cristiani".

 Essere servi inutili equivale, quindi, a "rinunciare a fare qualcosa di noi stessi", per lasciarci fare da Dio. Soltanto perchè lui ci precede, possiamo seguire; soltanto perchè lui perdona, possiamo perdonare; soltanto  perchè lui è con noi possiamo continuare ad annunciare il Vangelo, persino nella persecuzione e nel martirio ".( 2 Tm 2,6 ).                               

                                                                                                                                                                         Mons. Antonio Scarcione

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