"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)



Quello che fai per te stesso morirà con te,quello che fai per gli altri rimarrà per sempre


Palio dei Normanni, 12/13/14 agosto

domenica 27 ottobre 2013

La Domenica con Gesù, XXX del Tempo Ordinario/C

……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale

Testi: " Il Signore...non è parziale a danno dell' oppresso e ascolta la preghiera dell' oppresso...Non trascura la supplica dell' orfano, nè della vedova..." Sir 35, 15b-17. 20-22a . " Figlio mio, io sto per essere versato in offerta...Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede...2Tm 4, 6-8 . 16-18 . "...Il fariseo, stando in piedi, pregava cosi' tra sè: O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana...Il pubblicano, invece,...non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto, dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Questi tornò a casa sua giustificato..." Lc 18, 9-14 .

Il testo odierno costituisce il secondo quadro, che l' evangelista Luca traccia per i suoi lettori nel cap. 18.
- L' introduzione (v.9). "Disse ancora questa parabola per alcuni che aveano l' intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri" (v.9). Lo stesso Luca, quindi, precisa che la parabola viene raccontata per chi disprezza il fratello.
- La preghiera del fariseo: vv.11-12. Due uomini salgono al tempio a pregare. Ma se la loro meta è la stessa, il loro percorso interiore, invece, è ben diverso. Infatti, osservando il ritratto del primo personaggio, il lettore intuisce che, in realtà, il fariseo sale al tempio non per mettere sè stesso di fronte a Dio, ma per mettere Dio di fronte a sè stesso ( di fronte alla propria presunta perfezione). La preghiera, che, per definizione, apre all'alterità assoluta ( Dio ), diviene, cosi', un "tragico" ripiegamento su sè stesso, un' auto-compiacimento. Dio non è percepito come il TU di un dialogo, ma come quello di uno "spettatore", chiamato ad ascoltare l' auto-esaltazione di chi si compiace della propria "perfezione". Ecco le parole del fariseo: " O Dio, ti ringrazio, perchè non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che posseggo (vv.11-12 ). Mentre il grazie a Dio scaturisce dalla coscienza che tutto è dono, il "ringraziamento" del fariseo, invece, è generato dal confronto con un altro, il pubblicano. "Il ringraziamento" non esalta, conseguentemente, Dio, ma una "giustizia", derivante dal rispetto della Legge, compiendo, addirittura, con un doppio digiuno e col pagamento della decima.
- La preghiera del pubblicano ( v.13 ) . Luca mette a fuoco il secondo personaggio, inserendolo tra gli "altri": ladri, ingiusti e adulteri. Questa la preghiera del pubblicano: " O Dio, abbi pietà di me peccatore ". Si ferma a distanza: possiamo pensare che sia fermato sulla soglia del tempio, non considerandosi degno di entrare nella Casa di Dio, o che si tenga distante dagli altri, per non contaminarli col proprio peccato. L'incapacità di alzare lo sguardo al cielo, è segno di vergogna e di inadeguatezza. Il "battersi il petto" può indicare pentimento o disperazione. Infatti, riscuotere le tasse per gli oppressori ( i romani ), era considerata una professione infame e odiata: anche l'emendarsi (rinunciando a quell' attività), era cosa assai difficile, perchè richiedeva un lungo periodo e una notevole capacità economica, per risarcire i cittadini vittime di tasse esose.

Consapevole della propria posizione, il pubblicano non chiede la misericordia di Dio; utilizza, invece, un' espressione particolare, con la quale si era soliti domandare l' annullamento di una condanna e il ristabilimento della relazione. Il pubblicano offre, quindi, sè stesso a Dio, perchè lo incontri, lo possegga e lo redima.
- L' applicazione della parabola ( v.14 ) ." Io vi dico: questi, a differenza dell' altro, torno' a casa sua giustificato, perchè chiunque si esalta sarà umiliato, chi, invece, si umilia sarà esaltato. il verbo greco dikaio'o (= giustificare) indica il passaggio dall'ambito giuridico a quello religioso: il pubblicano tornerà alla sua casa, trasformato dalla grazia di Dio. Ci chiediamo, dunque, qual è la preghiera accolta da Dio ? Certamente, la preghiera di colui che si affida a Dio; di colui che pone sè stesso alla Presenza del Signore, sapendo che tutto, compreso il bene compiuto, è "grazia".
Il pubblicano. consapevole della propria pochezza, del proprio vuoto, ha permesso alla giustizia di Dio di "riempirlo" . Questa è la "giustificazione" : il dono della Grazia, che riempie il vuoto di chi riconosce di "essere vuoto".
Due uomini. Uno tronfio della propria realizzazione religiosa; l'altro con la consapevolezza della propria piccolezza: il primo ritorna con la propria giustizia umana, l'altro, invece, porta con sè il dono della giustificazione ricevuta da Dio. 

                                                                                           Mons. Antonino Scarcione 

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