"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)



Quello che fai per te stesso morirà con te,quello che fai per gli altri rimarrà per sempre


Palio dei Normanni, 12/13/14 agosto

domenica 19 luglio 2015

La Domenica con Gesù, XVI del Tempo Ordinario/B

……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale

Testi: "Guai ai cattivi pastori...susciterò a Davide un germoglio giusto" Ger 23, 1-6. 
"Il Signore è mio pastore: non manco di nulla". Sal 22 . "Egli è la nostra pace, abbattendo il muro di separazione". Ef 2, 13-18. 
"Erano come pecore che non hanno pastore". Mc 6, 30-36.

- Gesù e i discepoli sono "pressati" dalla folla. Cercano un attimo di respiro, un po' di "privacy". La turba li precede e il luogo, solitario, dove stanno per andare, invece, si popola. Gesù e i discepoli subiscono un vero e proprio assedio. E' l' assedio muto della massa, senza volto e senza dignità. Gesù con i suoi, approdando sull' altra riva, si trova in questo inulidibile appuntamento. La folla è li' e Gesù la vede. A differenza di altri che, invece, molti, non si accorgono nemmeno dell' "assedio" della gente. Hanno, purtroppo, sviluppato, in sè stessi", uno sguardo selettivo. Si potrebbe fare un ampio elenco di queste persone, che hanno bisogno e vanno alla ricerca del senso della vita. Notiamo che Gesù si accorge della folla e si commuove per essa. La commozione di Gesù non è una "lacrimosa" commozione, è, invece, una forte passione, che "sfocia" nell' indignazione e spinge all' azione. Gesù percepisce la massa, come una moltitudine allo sbando: erano come pecore senza pastore. 
Nella prima lettura, l' invettiva contro i pastori, che non si curano del gregge, ha un nesso illuminante per i cinque versetti del vangelo. Allora, come adesso, la sorte di tante moltitudini lascia indifferenti anche noi, che, al contrario, dovremmo averle a cuore.
- Il vangelo odierno è "un pezzo forte" della "teologia della pecora perduta". Gesù "sposa" la condizione della turba, amandola con un amore che salva, secondo le famose parole di Marco: " Ebbe compassione, perchè erano pecore senza pastore".
- Lo scenario mondiale, nel quale viviamo, è molto precario. Infatti, mentre le disuguaglianze tra ricchi e poveri aumentano, "la spoliazione dei beni", subita da questi ultimi, è sotto gli occhi di tutti. Proprio il vangelo di questa domenica ci spinge a guardare a quanti subiscono gravi ingiustizie, non come a degli sbandati, ma come a degli amici. E Gesù stesso si fa esempio di ciò con un gesto necessario, anche se, apparentermente inadeguato: "Si mise ad insegnare loro molte cose". Insegnare è un gesto alto: è il riconoscimento della dignità e della grandezza dell' altro, è un atto che pone viso a viso, che partecipa agli uditori cose importanti; l' insegnamento spoglia del potere chi lo detiene e lo distribuisce; essere destinatari di un insegnamento, apre alla coscienza e all' autonomia, fa alzare in piedi le persone, "conferisce una sana superbia", come diceva Don Lorenzo Milani, a chi è convinto di "non valere nulla". Gesù, insegnando, restituisce alla folla l' identità di persone. Riannoda il filo della creazione, quell' "avventura di mettere in mano alle creature il loro futuro": "uomini di scarto", abbandonati a sè stessi, ricevono in mano, direttamente da Gesù, le chiavi del regno.
E' necessario uscire da questa situazione. Appare, quindi, "utile andare nel deserto". Là egli giunge tra noi, vede una grande moltitudine ed è preso da compassione e inizia ad insegnarci molte cose. Comprenderemo i suoi insegnamenti, se "usciremo dal rumore", dalla confusione e dall' indifferenza, per andare in un "luogo deserto", riposare un poco, restare con noi stessi e con la nostra essenza profonda. "Andare nel deserto" significa "attraversare la frontiera", per percepire "nuovi orizzonti", sentire, nel silenzio, che una nuova realtà sta sorgendo.
E' necessario "fare la differenza", separarsi dal tumulto, dal non-senso e dall' indifferenza. In questa situazione di "spogliamento" ritroviamo noi stessi e il fine del nostro percorso di fede. Il deserto ricorda il passaggio. Non è permanenza. E' il luogo, dal quale possiamo guardare "oltre frontiera e fare esperienza della nostra trasformazione".
Rimane la grande tentazione di tornare indietro, ma è solo lì che possiamo sperimentare la nostra vita profonda: quello, sì, è il luogo della celebrazione della vita nella sua interezza. E' il luogo dell' incontro e dell' alleanza con il Dio della compassione. Questo è l' incontro, che ci fa rivedere i nostri paradigmi e garantire la rottura con il non-senso delle nostre vite, con il dolore e la schiavitù dell' egoismo e che ci lancia verso la trasformazione di una nuova dimensione di vita: libertà piena, libertà che rende solidali con il dolore dell' altro, vigilanti sui diritti degli emarginati e degli esclusi e ci fa tornare al luogo d' origine, la terra dei nostri sogni.
Impareremo il rispetto delle differenze e il riconoscimento dell' alterità. Soltanto nel deserto è possibile il miracolo della cura e della condivisione. Lì condivideremo quello che possediamo e che realmente siamo. Proprio lì, "nel deserto", si tiene l' incontro con noi stessi e col trascendente. C' è posto per l' accoglienza, la solidarietà, la cura di sè stessi e degli altri.

                                                                          Mons. Nino Scarcione

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