Una riflessioni della studiosa Cristina Pasqualini sulla pagina del vangelo. Quando usiamo le parole, “senza prospettiva, bloccati sul presente”, il nostro sguardo va, immediatamente, alle giovani generazioni. Almeno a queste tre:
E’ come trovarsi improvvisamente a guidare nella nebbia. Oltre a ridurre la velocità, facciamo fatica ad orientarci e ci stanchiamo, fisicamente e psicologicamente, al punto che vorremmo fermarci e rinunciare al nostro viaggio. Infatti, crollate le ”storiche certezze”, si è diffusa l’ incertezza e la fatica a progettare e programmare su tempi lunghi. Se, una volta, aveva senso muoversi secondo logiche lineari e progressive, il nostro tempo, invece, richiede di essere flessibili, pronti a cambiare e ad inventare soluzioni creative ai problemi vecchi e nuovi: il presente è complesso, il futuro è incerto ed ancora lontano.
Proprio per questo si vive alla giornata, cercando di dare il meglio, sperando che, poi, quasi “magicamente”, arrivi un giorno, in cui tutto si ricomporrà e si potranno intravvedere orizzonti più nitidi. Bloccati sul presente, notiamo che il “presentismo”, di cui tanto si parla, è una scelta obbligata, l’ unica scelta possibile oggi. E’ una strategia di resilienza, un modo di attivarsi, per dare senso alla propria vita e non cadere nella depressione, l’ apatia, la noia, il disagio e l’ esclusione sociale.
Dunque, c’ è bisogno di un presente pieno e importante; ma il presente, da solo, non basta. Perché,
Immobilismo e presentismo, ci fanno smettere di aspirare e desiderare un futuro, il nostro, come lo vogliamo noi, improntato ed ispirato ai nostri valori.
Tutto ciò emerge dalle accurate ricerche dell’ “Osservatorio Giovani” dell’ Istituto “Toniolo”. I valori, che un tempo erano considerati fondamentali, oggi, sono avvertiti in modo meno forte e soprattutto non danno vita ad una progettualità. Il diventare adulti, si alimentava di questa progettualità. Oggi, non è più così, almeno per la maggioranza.
Alcuni esempi: Perché andare via da casa, quando si sta così bene con i genitori ? Cavarsela da soli, sarebbe troppo difficile. Aspettiamo fino a quarant’ anni, magari non ce ne andiamo affatto! Una famiglia ? Bello sarebbe, ma non adesso, siamo troppo giovani, non ho un/a compagno/a stabile! Forse più avanti. E il matrimonio ? Forse è meglio una convivenza. Del resto, basta guardare a casa mia, i miei genitori sono separati. Un figlio ? Ne vorrei almeno tre. Ma, poi, come faccio ? Non ho soldi neppure per me. Non ho un lavoro stabile.
Non bisogna dimenticare che le generazioni più giovani hanno a disposizione solo questo tempo, non un altro. Un tempo in salita, da protagonisti e non da spettatori. Sviluppando resilienza (trasformando le difficoltà in risorse), senza rinunciare ai propri valori, mediando tra alcune proprie certezze e l’ incertezza, c’ è probabilmente la strada più sensata, per guardare al presente e soprattutto al futuro.
Appare opportuno, come diceva Giovani Paolo II, “riprendersi in man la propria vita e farne un capolavoro”.
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