Miniatura di scuola tedesca del secolo XI°,dal "Codice Aureo" di Echternach |
domenica 18 settembre 2011
La Domenica con Gesù - XXV Domenica. Tempo Ordinario
……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale.
"...Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro?..."
Non è la prima volta che dobbiamo registrare la distanza, che ci separa da Dio. Come dice Isaia, " I miei pensieri non sono i vostri pensieri; le vostre vie non sono le mie vie".
Vengono, così, alla luce atteggiamenti contrari al "senso comune", comportamenti strani, perché del tutto inediti ed imprevisti.
Le parabole si situano spesso su questo piano: gettare con fiducia il seme su tutti i terreni; lasciare crescere e maturare la zizzania insieme al grano; cercare la pecorella smarrita, abbandonando le novantanove sui monti; far festa al figlio, che torna dopo aver dilapidato metà del suo patrimonio; sono tutte azioni "fuori dal comune", contrarie alla logica dei più.
Anche Il racconto evangelico odierno costituisce un esempio evidente di questa differenza. Oppure tu sei invidioso.
Sì, la chiave di tutto potrebbe essere proprio quest'invidia, che entra nel cuore del discepolo e rode e devasta, fino al punto che non si è più capaci di rallegrarsi della bontà di Dio.
Una bontà grande, che contrasta chiaramente con le piccinerie e i calcoli meschini degli uomini.
La parabola ci obbliga a verificare le nostre reazioni, a controllare, se siamo veramente figli di Dio, che vivono da fratelli, oppure, se rimaniamo fermi sulle posizioni di chi non ha accolto con gioia la misericordia e la tenerezza di Dio.
Infatti, se i primi operai avessero veramente un cuore di fratelli, sarebbero contenti della generosità del padrone.
In fondo, egli ci rimette di tasca propria: risparmierebbe molto, se desse agli ultimi solo un dodicesimo della paga stabilita.
Dei veri fratelli non possono che gioire che i loro simili, poveri e in difficoltà come loro, hanno almeno il necessario. Dei veri fratelli non possono rallegrarsi di una giustizia, che con la sua esattezza e scrupolosità, condanna ad una misera paga.
Una lettura nuova della realtà. La parabola obbliga noi cristiani a considerare, con gli occhi e con il cuore di Dio, cio' che avviene all' interno della Chiesa e nella società.
Perché, dietro i servi, che mormorano, ci sono coloro, che si illudono di vantare dei meriti nei confronti di Dio! Ci sono coloro, che non tollerano che l' ultimo arrivato possa partecipare al Regno di Dio; coloro, che difendono strenuamente i loro privilegi; coloro, che non possono accettare affatto che il loro benessere raggiunga anche i poveri, condannati da sempre ad un salario da fame.
Sì, è vero. Il nostro Dio non ragiona secondo le logiche di mercato e le leggi ferree dell' economia. Il nostro è un Dio dal cuore troppo tenero; è "eccessivamente" buono.
Accoglierlo è il punto di passaggio cruciale, per entrare nel Regno.
Rifiutarlo significa tagliarsi fuori dalla sua offerta di grazia. Alla fine, infatti, potrebbe accadere ciò che è veramente paradossale: "così gli ultimi saranno i primi e i primi, ultimi".
Un monito, lanciato a tutti quelli che si illudono di imporre a Dio il loro modo meschino di ragionare.
Ma, allora, conta ancora la giustizia? Appare evidente, a questo punto, che la giustizia di Dio non corrisponde alla nostra.
Appare opportuno, a tal proposito, l' intervento di Roberto Nardin: può vivere la giustizia di Dio e mettere in pratica i suoi comandamenti, solo chi ha un cuore nuovo, ricolmo dello Spirito di Dio. Così la partecipazione al Regno non è collegata a meriti o diritti acquisiti, da far valere. Si tratta di una gratuita e generosa ricompensa.
Chi chiama a lavorare nella sua vigna, lo fa a tutte le ore del giorno.
Ai suoi occhi ciò che conta è la risposta positiva, che si è data, la disponibilità a lasciarsi coinvolgere in una relazione nuova con lui.
Mons. Antonino Scarcione
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