"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)



Quello che fai per te stesso morirà con te,quello che fai per gli altri rimarrà per sempre


Palio dei Normanni, 12/13/14 agosto

domenica 19 giugno 2016

La Domenica con Gesù, XII del Tempo Ordinario

……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale

Testi: “Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione…” Zc 12,10-11; 13,1 . 
“…Tutti voi siet figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù…Non c’ è più Giudeo né Greco…Né schiavo, né libero…” Gal 3,26-29 . 
“…Le folle, chi dicono che io sia?...Giovanni il Battista…Elia…Uno degli antichi profeti…Ma voi chi dite che io sia ? …Il Cristo di Dio…Chi vuol salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà” Lc 9,18-24.



Sappiamo bene che sequela e croce sono elementi legati tra di loro, perché “seguire” Gesù significa andare con lui verso Gerusalemme, là dove si sarebbe “consumata” la sua vicenda terrena, con libero e volontario dono di sé. Andare verso Gerusalemme, per il discepolo, significa, dunque, uscire da sé, “oltrepassare” il proprio io e instaurare relazioni di amore con gli altri. Il “modello di riferimento” è la croce di Gesù. In negativo, potremmo dire che la croce non è soltanto sopportare le avversità, sia fisiche che morali. In positivo, invece, possiamo affermare che la croce “implica” una relazione nuova con sé stessi, con gli altri e con il mondo intero.

Nella croce, assunta, consapevolmente, vi è una nuova comprensione della realtà, che inizia dalla mancata pretesa di autoaffermazione. Ciò non significa, però, la negazione di sé, per affermare l’ altro, ma il riconoscimento di sé nell'accoglienza dell’ altro. Questo processo, in verità, inizia col riconoscere sé stessi nelle situazioni concrete, in cui si vive; per esempio, nella malattia, a volte, ci si percepisce come un “io estraneo”, che stentiamo a riconoscere e, quindi, ad accettare.

La croce del discepolo, sul modello esemplare della croce del maestro, significa, sicuramente, assunzione di responsabilità di fronte alla vita. A proposito della croce, bisogna fare una precisazione: la croce di Gesù apre a noi una possibilità di verità e di libertà; perché nella sua morte sono vinte la violenza e l’ ingiustizia degli uomini sugli uomini.

Il Gesù della passione è l’ uomo della non violenza e del perdono, che così ci rivela il volto paterno di Dio-amore. Si capisce meglio quello che abbiamo cercato di descrivere, considerando il momento, in cui Gesù rivolge ai discepoli le sue parole sulla necessità di prendere su di sé la propria croce.Egli lo fa dopo la confessione di fede di Pietro, quando il discepolo afferma: “Tu sei il Cristo di Dio”. Gesù annuncia la sua passione, morte e resurrezione, dopo aver ordinato loro di tenere il segreto e prima di porre, quale requisito della sequela, la disponibilità ad assumere la propria croce.

Se l’ attesa messianica è l’ attesa di un regno, mediante gli strumenti tipici del potere terreno, quali la forza, la violenza, l’ imposizione della propria volontà, l’ annuncio della croce, per Gesù e per i suoi discepoli, è l’ affermazione di un “principio di realtà”. Ad attendere i discepoli, non vi è l’ insediamento di Gesù sul trono del potere, ma, appunto, la croce del “Cristo” e la delusione per il suo fallimento. Non l’ attesa di un sogno, ma l’ assunzione della realtà, è ciò che la croce afferma.

Una concezione riduttiva della croce di Gesù l’ ha confinata nella sfera dell’ ascesi individuale, dimenticando che essa riguarda la comunità dei discepoli, la Chiesa. La “croce” ha, infatti, un significato fondamentale per la Chiesa: il rifiuto del potere, come “forza” per l’ annuncio della salvezza. Non la croce come segno esteriore di appartenenza, ma come logica della non-violenza.

“Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa è chiamata a scegliere la stessa via, per comunicare agli uomini la salvezza” (Lumen Gentium 8).

La croce diventa, così, una parola universale, capace di parlare agli uomini del nostro tempo, se la testimonianza della Chiesa è autentica.

                                                                                         Mons. Antonino Scarcione

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