"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)



Quello che fai per te stesso morirà con te,quello che fai per gli altri rimarrà per sempre


Palio dei Normanni, 12/13/14 agosto

domenica 9 ottobre 2016

La Domenica con Gesù, XXVIII del T.O. / C

……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale

Testi: “…,Naaman, comandante dell’ esercito del re di Aram,…Si immerse nel Giordano sette volte…Il suo corpo divenne come il corpo di un ragazzo…Ecco ora so che non c’ è Dio su tutta la terra, se non in Israele…” 2 Re 5,14-17 . 

“Figlio mio, ricordati di Gesù Cristo…Se moriamo con lui, con lui anche vivremo…Se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare sé stesso” 2 Tim 2,8-13 . 

“…Dieci lebbrosi…Dissero ad alta voce: Gesù, Maestro, abbi pietà di noi…Mentre essi andavano, furono purificati…Uno di loro…Si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano…Non sono stati purificati dieci ? E gli altri nove dove sono ?...E gli disse: Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato ! “ Lc 17, 11-19.

Vediamo che, come nella parabola del buon Samaritano, gli uomini “non religiosi” rispondono all’ appello del Vangelo, presto e meglio degli stessi Israeliti. E’ proprio quello che risulta evidente nella guarigione dei dieci lebbrosi. Se andiamo al cuore dell’ episodio, come, opportunamente, afferma J.M. Castillo, risulta chiara la stessa cosa, che, già, aveva evidenziato Luca nella parabola del buon Samaritano. La chiave del problema è tutta qui. Cioè, la legislazione giudaica, sulla guarigione e la purificazione religiosa, prescriveva che un lebbroso, appena guarito, doveva passare dal tempio e fare pure un rituale religioso, prima di essere re-integrato nella famiglia e nella società.

In altri termini, era il rito religioso a restituire all’ ammalato, dopo la guarigione, la dovuta integrazione sociale. Ma in questo caso, ci imbattiamo, precisamente, nella forza che hanno la religiosità ed i suoi rituali nel far concentrare su di sé stessa la mentalità dei religiosi osservanti, fino a renderli ciechi, anche nel vedere ciò che è evidente. I nove lebbrosi israeliti, che credevano ciecamente nell’ efficacia del rito sacro, compiendo il rito stesso sono rimasti appagati e con la coscienza tranquilla. Cosa che ha deviato la loro attenzione, fino ad impedire loro di considerare che colui il quale li aveva curati era Gesù.

Il Samaritano, al contrario, poiché non credeva ai riti del tempio ed alla loro efficacia, immediatamente, ha pensato alla cosa più evidente, più logica ed umana: che, cioè, la bontà di Gesù gli aveva restituito la salute. Conseguentemente, gridando a gran voce per l’ immensa gioia, ritorna da colui che gli aveva, veramente, restituito la vita normale.

L’ insegnamento risulta abbastanza chiaro: la religiosità, vissuta “fanaticamente”, come l’ avevano vissuta i nove lebbrosi, può indurire il cuore e disumanizzare le persone. Gli stretti osservanti possono aver perso il senso elementare della gratitudine, mentre il Samaritano, ritenuto “uomo dalla religiosità equivoca”, compie ciò che è umano e normale: ringraziare colui che lo aveva curato. Può accadere che, in certi ambienti, “abbondi l’ osservanza rituale e manchi umanità”.

                                                                             Mons. Antonino Scarcione

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