"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)



Quello che fai per te stesso morirà con te,quello che fai per gli altri rimarrà per sempre


Palio dei Normanni, 12/13/14 agosto

sabato 22 ottobre 2016

La Domenica con Gesù, XXX del T.O. / C

……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale

Testi: “Il Signore è giudice…Non è parziale…Ascolta la preghiera dell’ oppresso…La preghiera del povero attraversa le nubi…” Sir 35,15b-17.20-22a . 
“Figlio mio,…E’ giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia… Ho conservato la fede…” 2 Tm 4,6-8.16-18 . “…Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’ altro pubblicano…Il fariseo…Pregava così tra sé: o Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri…Pago le decime…Il pubblicano, invece,…Si batteva il petto dicendo: o Dio, abbi pietà di me peccatore…Questi, a differenza dell’ altro, tornò a casa sua giustificato…” Lc 18,9-14.

-“Un Dio esperto in… misericordia”. La Parola ci rappresenta un Dio che - a differenza dei giudici umani – è esperto in giustizia, compassione, benevolenza e umanità, che l’ uomo, spesso, ha smarrito o tradito. Se nei tribunali umani fanno colpo i nomi altisonanti, i titoli da esibire, le ricchezze con cui soffocare la verità; Dio, al contrario, ha a cuore la piccolezza, la povertà, la nullità, incarnate nelle vedove e negli orfani, di cui nessuno si preoccupava. Dio, invece, ha occhio, orecchio e cuore, per garantire loro di poter vivere con dignità.

-“Un uomo esperto in…tracotanza”. Nella parabola, infatti, i protagonisti non sono soltanto i due uomini, che si recano al tempio, bensì, due tipologie di persone e di atteggiamenti: la brama di esteriorità e, al contrario, il culto dell’interiorità; la presunzione di potersi salvare con le proprie forze e, viceversa, l’ abbandono a Dio, che salva; oppure il rifiuto di rinnovamento e, di contro, il bisogno di conversione. Vediamo che l’ evangelista Luca costruisce abilmente una contrapposizione tra un fantoccio di uomo ed un uomo vero, sia nelle sue debolezze che nelle vette, a cui può giungere.

Dio, nel tempio, si trova davanti due personaggi, che per la loro origine sono simili, in quanto fatti ad immagine e somiglianza del Creatore. La diversità, invece, emerge nel loro modo di porsi, che è diametralmente opposto. Il fariseo ha accentuato, in sé, il peccato di superbia, ergendosi come modello di impeccabilità e perfezione, tanto da non parlare con Dio, ma con sé stesso. La sua, non è una preghiera, ma un soliloquio, un atto di sfacciato narcisismo. E’ un uomo pseudo-religioso, che non concepirà, né comprenderà mai l’ altro, tanto meno l’ Altro, con l’ iniziale maiuscola, invischiato com’ è, nel suo enorme “ego”.

Agli antipodi, vi è l’ altro personaggio, il pubblicano, che sta lì, nel tempio, come perduto, che attende di essere ritrovato, come un morto, che attende la risurrezione, come una città devastata, che attende i suoi ricostruttori. Quest’ uomo è un peccatore consapevole, colui che si rende conto che la vita sia necessariamente “semper reformanda”. Potrebbe essere lui il protagonista della parabola del figlio prodigo, la pecorella smarrita e caricata sulle spalle del buon pastore: è proprio lui l’ icona di ogni credente, che si pone, davanti a Dio, come peccatore, che attende la redenzione e la remissione dei peccati.

-“La Pasqua del credente”. In questo contesto, “scopriamo” che la conversione e la riconciliazione non sono un ingrediente della Pasqua, sono la Pasqua. Non vi è domenica, senza conversione e riconciliazione, che ci porta a Dio. Chi è disposto a morire per Cristo, con Cristo e in Cristo, ha la certezza e la garanzia di risorgere con lui. In questo senso, l’ Eucaristia diviene cammino di conversione, risurrezione e vita.

Da questo incontro-scontro tra la nostra libertà e la verità di Dio scaturisce in noi il desiderio, il bisogno e l’ impegno di un rinnovamento della vita. Se ciascuno di noi, partecipando all’ Eucaristia, veste i panni del pubblicano, vive un’ esperienza profonda e può rallegrarsi, perché “era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,32).

                                                                              Mons. Antonino Scarcione

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