"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)



Quello che fai per te stesso morirà con te,quello che fai per gli altri rimarrà per sempre


Palio dei Normanni, 12/13/14 agosto

sabato 30 marzo 2019

La Domenica con Gesù, IV^ di Quaresima / C

……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale

“…Oggi ho allontanato da voi l’ infamia dell’ Egitto…” Gs 5,9a.10-12 . 
“Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove…” 2 Cor 5,17-21 . 
“…Suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò…” Lc 15,1-3,11-32.

La IV domenica è quella della gioia. La pagina del vangelo, infatti, “dipinge, come in un affresco”, il ritorno a casa del figlio prodigo, figura di ciascuno di noi. La parabola si snoda in quattro sequenze. La prima: un padre aveva due figli. Nella Bibbia, le storie di fratelli spesso raccontano violenze e menzogne ( Caino ed Abele; Ismaele ed Isacco; Giacobbe ed Esau’; Giuseppe venduto dai fratelli), e il dolore dei genitori. Il figlio minore se ne va, in cerca di sé stesso. E il padre lo lascia andare, anche se teme che si farà male. Secondo quadro. Il giovane inizia “il viaggio della libertà”, ma le sue scelte si rivelano come scelte senza salvezza (“sperperò le sue sostanze vivendo in modo dissoluto”): un’ illusione di felicità, da cui si risveglierà, trovandosi in mezzo ai porci: il principe ribelle è diventato servo. Rientra in sé. Lo fanno ragionare la fame, la dignità perduta e il ricordo del padre. Decide, quindi, di ritornare, non come figlio, ma come uno dei servi.

Terza sequenza. Il padre “lo vide che era ancora lontano”. E mentre il figlio cammina, il padre corre. Per lui, perdere un figlio, è una perdita incalcolabile. E lo mostra con gesti, che sono materni e paterni. Ed, infine, con i regali: “presto, il vestito più bello, l’ anello, i sandali, il banchetto della gioia e della festa”. 

Ultima scena. Lo sguardo del sacro autore, ora, si fissa sul un altro personaggio, che ritorna dal lavoro. Sente la musica, ma non sorride. Egli, come dice R. Virgili, non ha la festa nel cuore. Buon lavoratore, ubbidiente e infelice. L’ infelicità, che deriva da un cuore che “non ama le cose che fa e non fa le cose che ama”. Significative le sue parole al padre: “Io ti ho sempre ubbidito e a me non hai dato neanche un capretto…”. Indimenticabile la figura del padre. Vediamo che egli cerca figli e non servi, fratelli e non rivali. Egli invita il figlio maggiore, con delicatezza, ad entrare, anche se al lettore non è dato di sapere, se egli entrerà in casa o no.

A me sembra che il miglior commento alla parabola del Padre misericordioso ce lo abbia lasciato il grande pittore Rembrand nella celebre tela, custodita all’ Ermitage di San Pietroburgo, dove è immortalato il ritorno del figlio prodigo con elementi incredibili: le due mani del padre, una maschile ed una femminile, ad indicare la forza e la tenerezza del suo amore; la testa del figlio prodigo è quella di un feto, ad indicare che in quel momento per lui inizia la vita vera, il peccato rende men o uomini, apparenza di uomini.

                                                              Mons. Antonino Scarcione

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