"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)



Quello che fai per te stesso morirà con te,quello che fai per gli altri rimarrà per sempre


Palio dei Normanni, 12/13/14 agosto

domenica 20 ottobre 2019

La Domenica con Gesù, XXIX del T.O. / C

……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale 

“…Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk…” Es 17,8-18 . 
“…Ti scongiuro avanti a Dio e a Cristo Gesù…Annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno…” 2 Tm 3,14-4,2 . “…Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà fastidio, le farò giustizia, perché non venga a importunarmi…E Dio non farà giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui ?...” Lc 18,1-8.


Il vangelo odierno è una vera e propria catechesi sulla preghiera: circa la necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai. Il perché di questo ammonimento, lo si comprende, continuando nella lettura della pagina lucana.

La parabola, narrata da Gesù, inquadra il confronto tra due personaggi agli antipodi tra di loro: il primo è “un giudice di ingiustizia”, che non ha rispetto nei confronti di alcuno; che non tiene conto delle norme, contenute nel codice dell’ alleanza e nel codice del “Deuteronomio” e una povera vedova, che versa in una situazione critica.

-“La donna nella società ebraica”. Occorre ricordare che nella società ebraica, una ragazza, in età di matrimonio, passava dalla tutela del padre a quella del marito. Ovviamente, una donna, divenuta vedova, incappava, facilmente, in una situazione penosa e di grande miseria. Proprio per questo, la legislazione del tempo autorizzava le vedove a spigolare nei campi dopo la mietitura, a cogliere le ulive rimaste per terra e a racimolare acini di uva dopo la vendemmia. Possiamo facilmente comprendere, quindi, perché Dio stesso venga invocato come il protettore di stranieri, orfani e vedove. Sappiamo bene che anche Gesù mostra grande sensibilità verso donne sfortunate, come, ad esempio, quella di Nain, a cui restituisce l’ unico figlio, morto, mentre veniva portato al cimitero.

Nella parabola, invece, accade che una vedova venga trascurata proprio da chi avrebbe dovuto tutelare i suoi diritti. Trattandosi di una persona povera, sappiamo che l’ unica “arma”, in suo possesso, per difendersi, è quella dell’ insistenza nel rivendicare i propri diritti. Ripetutamente, “andava da lui e gli diceva: fammi giustizia contro il mio avversario”. L’ insistenza della donna deve aver spaventato quel giudice. Infatti, il verbo greco “importunare”, potrebbe essere tradotto con l’ espressione: “fare un occhio nero”. Così, pe liberarsi dalla scocciatura ed evitare una figura imbarazzante, il giudice asseconda la richiesta della donna.

-“Dare fastidio” a Dio con la preghiera. Alla conclusione della parabola Gesù stesso ne dà la corretta chiave interpretativa. Con un ragionamento “a fortiori”, Gesù ribadisce che Dio, giudice giusto, ascolterà il grido di coloro che hanno riposto in lui ogni speranza.

Certamente, la situazione della vedova simboleggia quella degli “eletti”, cioè dei credenti, che devono affrontare le tribolazioni, che precedono la fine dei tempi. Se da un lato si riflette in tali parole la situazione della chiesa delle origini, che visse le persecuzioni, dall’ altro esse contengono una carica provocatoria, valida per i lettori di tutti i tempi, i quali sono invitati ad interrogarsi sulla costanza nella preghiera. A questo punto, appare utile richiamare le seguenti domande: Siamo tra coloro che “gridano giorno e notte ? Oppure ci accontentiamo di una piccola preghiera, ogni tanto, cosa equivalente a non pregare affatto ? Siamo tra quelli che “procurano fastidio” a Dio con la loro perseveranza, fino a farlo temere di ritrovarsi con un “occhio nero”, come il giudice della parabola ? . La preghiera che fa colpo è la preghiera perseverante, come la richiesta della povera vedova del vangelo.

La preghiera sincera e perseverante non rimarrà priva di risposta, anche se talvolta si ha l’ impressione che Dio “tardi” ad esaudirla. Molti esegeti ritengono che il “ritardo” debba essere interpretato nell’ ottica della pazienza divina nei riguardi degli empi ( come risulterebbe in numerosi passi dell’ Antico e del Nuovo Testamento).

Ciò che veramente importa, in realtà, è che i credenti perseverino in un atteggiamento di preghiera e di fede, come emerge dalla domanda: “Ma il Figlio dell’ uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra ? “. Con tale domanda, Gesù ricorda ai discepoli di tutti i tempi che la misura della fede è quella della preghiera. Pregare significa vivere umilmente in conformità alla volontà di Dio, nella storia, con cuore puro, semplice e disponibile ad accogliere il regno di Dio.

Anche la domanda conclusiva, quindi, è da intendersi come un’ ulteriore, accorata esortazione alla perseveranza.

                                                                            Mons. Antonino Scarcione

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