sabato 26 ottobre 2019
La Domenica con Gesù, XXX del T.O. / C
……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale
“Il Signore…Non è parziale a danno del povero e ascolta la preghiera dell’ oppresso…” Sir 35,15b-17. 20-22a .
“Figlio mio,…Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede…” 2Tm 4,6-8.16-18 .
“Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’ altro pubblicano. Il fariseo…pregava così tra sé: O Dio, (io) non sono come gli altri, ladri, ingiusti, adulteri,…Il pubblicano, invece,…non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo…dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore” Lc 18,9-14.
Nella parabola del fariseo e del pubblicano, Gesù ci mette in guardia, dicendo che pregare può essere “pericoloso” . Infatti, come dice bene E. Ronchi, un certo modo errato di pregare, potrebbe, addirittura, separarci da Dio e renderci “atei”. Vediamo, subito, che il fariseo prega, quasi rivolto a sé stesso. Certo, inizia con le parole giuste: “O Dio, ti ringrazio”, ma poi sbaglia tutto. Si vanta delle proprie opere e le elenca : Io prego, io digiuno, io pago, io sono un giusto ( 4 volte io ). E ancora, arbitrariamente, giudica e condanna tutti. Infatti, afferma: io non sono come gli altri: ladri, corrotti, adulteri, e, neppure, come questo pubblicano.
Notiamo che offende il mondo intero: evidentemente, non è corretto pregare e, contemporaneamente, disprezzare gli altri. Benedire il Padre e maledire gli altri figli di Dio, lodare il Signore e accusare i propri fratelli.
Invece, il pubblicano si batteva il petto, dicendo: “O Dio, abbi pietà di me, peccatore”. Usa, in modo appropriato, un monosillabo, (tu) e cambia tutto, rendendo vera la sua preghiera: “Tu, Signore, tu abbi pietà”. Questa parabola è diventata la grammatica della preghiera. Le regole sono semplici e valgono per tutti. La prima: Non mettere mai al centro il tuo io, altrimenti non funziona nessuna relazione. Né nella coppia, né con i figli, né con gli amici, né, tanto meno, con Dio. La nostra vita e la preghiera “camminano” sulla stessa strada: alla ricerca di qualcuno ( un amore, un sogno o Dio ). Il tu è determinante: il tu viene prima dell’ io. La seconda regola: “la preghiera non si fa per ricevere” (!), ma per essere “trasformati” dal Signore.
Il fariseo si sente perfetto: non vuole cambiare, presume di non averne bisogno, lui è tutto apposto; casomai, sono gli altri “sbagliati”. Il pubblicano, invece, non è contento della propria vita, spera di riuscire a cambiarla, magari un poco alla volta. E supplica Dio con tutto sé stesso: corpo, cuore, mani e voce.
Il pubblicano ritorna a casa perdonato, ( non perché più onesto o più umile ) , ma perché si apre a Dio, che entra in lui, con la sua misericordia.
Mons. Antonino Scarcione
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