"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)



Quello che fai per te stesso morirà con te,quello che fai per gli altri rimarrà per sempre


Palio dei Normanni, 12/13/14 agosto

venerdì 4 ottobre 2019

Pillole di Storia, 1582: quando il Papa viaggiò nel tempo


La sera del 4 ottobre 1582, papa Gregorio XIII si tolse le pantofole e si infilò sotto le coperte, per risvegliarsi il 15 dello stesso mese.

Il punto non è che il Santo Padre era un dormiglione. Come molti di voi avranno certamente già intuito, il punto è un altro: nel 1582, veniva attuata la riforma che portò all’adozione del calendario gregoriano. Al fine di riallineare il calendario al ciclo delle stagioni, il 1582 perse dieci giorni: i giorni dal 5 al 14 ottobre furono inghiottiti nel nulla. Fu un piccolo… viaggio nel tempo, per buona parte della Cattolicità.

Fin qui, la storia è nota, ma ci sono altre piccole chicche che meritano d’esser raccontate.
A partire da quella che è la più grande domanda: ma in effetti, cosa diamine c’entra, un Papa, con la riforma del calendario?
Voglio dire: proprio il Papa, doveva prendersi la briga di far tutto ‘sto macello? Non poteva provvedere qualche altra autorità? Chi diamine gliel’ha fatto fare, a Gregorio XIII?

Beh: esattamente il fatto di essere il Papa.
Gregorio XIII si prese l’incomodo di riformare il calendario, non tanto perché fosse un sovrano illuminato o perché avesse particolari interessi in campo astronomico.
Di sovrani illuminati appassionati di scienza ce ne son stati molti, e non era certo un mistero che il calendario giuliano presentasse numerose pecche. Ma nessuno s’era preso la briga di metter mano al calendario universale (pensate a quale mastodontica e rognosissima operazione!), per il semplice fatto che… vabbeh. In fin dei conti, che te cambia?

Il grosso problema del calendario giuliano era che, col passar del tempo, si era disallineato rispetto al reale ciclo delle stagioni. Per capirci: il calendario diceva “oggi è l’equinozio di primavera”, ma in realtà, dal punto di vista astronomico, il vero equinozio cadeva in un altro momento.
Penso che riconosceremo tutti che, all’atto pratico, si poteva vivere piuttosto serenamente anche con un calendario sfalsato. Alla fin fine, chi è che vede stravolgersi la sua quotidianità a seconda della data di un equinozio?
Qualche scienziato pazzo, magari. Un astronomo di professione.
E poi l’intera cristianità, ovviamente.

Talvolta, tendiamo a sottovalutare quest’aspetto, ma i Cristiani calcolano la data della Pasqua a partire dall’equinozio di primavera. Il cardine dell’anno liturgico (sul quale si plasmava, all’epoca, anche il calendario civile) è inscindibilmente legato a quel momento.
Nel 1577, il “vero” equinozio di primavera, quello astronomico, era ormai notevolmente lontano rispetto alla data segnata sul calendario (cadeva attorno all’11 marzo). E quando la cosa fu portata all’attenzione di Gregorio XIII, il Santo Padre ci mise ben poco a rendersi conto che la situazione era grave.

Per fortuna, c’era chi era pronto a correre ai ripari.
Per gran parte della sua vita, Luigi Lilio, un oscuro astronomo calabrese sul cui conto sono sopravvissute incredibilmente poche notizie, era stato messo a libro paga dal conte Carafa di Ciriò per occuparsi dell’annosa questione. Lilio morì non si sa bene quando, ma comunque prima che i suoi studi fossero presentati a Gregorio XIII. La soddisfazione, diciamo così, ce l’ebbe post mortem: le proposte di Lilio furono la base per la riforma calendariale. Impossibilitato a remunerare lo scienziato, il papa scelse di beneficiare i suoi eredi, e accordò loro, per qualche tempo, il monopolio assoluto nella stampa di calendari.

Tutto molto bello, sennonché… beh: non è mica facile, stravolgere di punto in bianco il calendario universale. Non sarebbe facile nemmeno adesso per la comunità scientifica, figuriamoci nel ‘500 per il Papa.

Con la bolla Inter gravissima del 24 febbraio 1582, Gregorio XIII imponeva l’adozione del nuovo calendario a quella parte di cristianità che era fedele a Roma. Già questo sarebbe bastato a tagliar fuori una larga fetta d’Europa, ma va detto che manco i Paesi cattolici se lo filarono più di tanto. La Francia accettò sì di uniformarsi al nuovo calendario, ma volle farlo a fine anno, nel mese di dicembre; i Paesi Bassi cattolici aderirono nel 1583; l’Austria e la Baviera nel 1584; la Polonia nel 1586; l’Ungheria nel 1587.
Già questa serie di adesioni scaglionate dovrebbe rendere l’idea del caos che si dovette vivere in Europa, in un tempo in cui la domanda “quanti ne abbiamo oggi?” prevedeva una risposta decisamente non scontata.
Ma il peggio accadde in Svizzera e in Germania, aree in cui, a distanza di pochissimi chilometri, si alternavano Stati protestanti a Stati che erano fedeli a Roma. In quelle zone, sarebbe bastato varcare una linea di confine per fare proprio malgrado un… viaggio temporale. Se gli Stati cattolici, infatti, avevano già adottato il calendario gregoriano, gli Stati protestanti erano fermi al calendario giuliano, e quindi vivevano “dieci giorni indietro” rispetto alla Cattolicità. Con conseguenze pittoresche in termini di contratti, affitti e stipule di atti notarili, come potrete facilmente immaginare.

I Paesi protestanti non avevano nulla da eccepire sulla natura scientifica della riforma, che solo raramente fu criticata sul piano accademico. Il loro problema era, prevedibilmente, legato all’autorità che cercava di imporla, questa benedetta riforma. Che il papa di Roma pretendesse di governare sul mondo al punto tale da cambiare addirittura la data segnata sul calendario (!) – ecco, quello no. Quello era inaccettabile, per i Protestanti.
Molti dei quali videro, peraltro, nella riforma del calendario, l’ennesima conferma di come il papa fosse l’Anticristo, tornato in terra per dividere e ingannare. Il teologo protestante James Heerbrand, ad esempio, accusò il papa di volersi sostituire a Dio nel regolare il corso del tempo e, peggio ancora, di aver volutamente stravolto il calendario per far cadere nel peccato i suoi seguaci.
Come? inducendoli a osservare le feste di precetto nei giorni sbagliati: cioè, inducendoli a non osservarle affatto.

Tra tutti gli Stati protestanti, fu la Prussia ad esprimere le posizioni più morbide riguardo la riforma. Per questioni di praticità, nel 1610 si rassegnò ad adottare il nuovo calendario, un po’ controvoglia. Ma fu un caso isolato: gli altri Paesi protestanti accettarono di mettersi al passo solo nel 1700, e solo quando scese in campo a perorare la riforma niente meno che Gottfried Liebniz, forte di una autorità che non poteva essere messa in discussione.
L’ultima, disperata resistenza fu tentata da Gran Bretagna e Svezia. Alla fin fine, capitolarono anche loro – rispettivamente nel 1752 e nel 1753 – non senza le proteste dei sudditi.

E così – dopo quasi due secoli di fatica – la riforma del calendario riusciva finalmente a imporsi in tutta Europa…
…o, per meglio dire: in tutta l’Europa occidentale. Ché gli Stati di cultura ortodossa fecero molta, molta più fatica ad accantonare il calendario giuliano, che, nel tempo, era divenuto una sorta di vessillo ideologico del movimento panslavista, a sottolinearne la distanza culturale dall’Europa.
Per capire le proporzioni del problema, vi basterà pensare che la famosa “rivoluzione di ottobre” che fece crollare la Russia zarista non si svolse ad ottobre proprio per niente.
O meglio: si svolse a fine ottobre secondo il calendario giuliano, quello ancora in uso all’epoca degli Zar. Ma il resto del mondo era già dieci giorni più avanti – sicché, tecnicamente, la rivoluzione d’ottobre ebbe luogo, per noialtri, tra il 6 e il 7 novembre.

Una cosa buona, i bolscevichi la fecero, una volta preso il potere. In un processo di modernizzazione e di presa di distanza dall’eredità zarista, decisero una buona volta di unirsi al resto d’Europa nell’adozione del calendario gregoriano. Il suo esempio servì a smuovere tutti gli altri paesi ortodossi, abituati all’egemonia culturale russa: la Bulgaria si mise al passo nel 1918; la Jugoslavia e la Romania nel 1919. L’ultima fu la Grecia, che adottò il calendario gregoriano nel 1923.

Non male, come tempi d’attuazione, per una legge che avrebbe dovuto entrare in vigore nel Rinascimento.

Nessun commento: