"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)



Quello che fai per te stesso morirà con te,quello che fai per gli altri rimarrà per sempre


Palio dei Normanni, 12/13/14 agosto

lunedì 26 novembre 2012

Solo in Italia non c’è il reddito minimo garantito


In Italia mentre politica e politicanti scialacquano, ci si ostina a non dare importanza al reddito minimo garantito. Sembra si tratti di un fatto marginale, si minimizza. Per avere un’idea della realtà dobbiamo pensare che la Corte Costituzionale tedesca ha giudicato come parzialmente incostituzionale la riforma restrittiva del cancelliere Schroeder, dopo il ricorso di una famiglia – padre, madre e una figlia – perché doveva vivere con soli 850 euro al mese (e naturalmente affitto e riscaldamento a carico dello Stato).

Una somma di 850 euro in Italia è uno stipendio, da cui si deve anche cercare di far uscire l’affitto e tutto il resto. Ci scandalizziamo del fatto che negli Usa non esista una sanità pubblica: in Europa si scandalizzano per l’assenza in Italia di un reddito minimo garantito. Negli Stati Uniti Michael Moore però ha raccontato in un film che cosa significa non avere un sanità pubblica; in Italia nessuno tocca il tema del reddito minimo garantito.
L’opinione pubblica non sa reagire di fronte a quello che per gli altri cittadini europei è un assurdo: la flessibilità estrema, senza garanzia del reddito e dell’alloggio. Bisogna capire che il reddito minimo garantito è il fondamento del welfare state europeo, la base del cosiddetto “modello europeo”. Una donna tedesca disoccupata, sola, con tre figli e un affitto di 500 euro, riceve dallo Stato 1850 euro al mese; l’affitto nel caso specifico è basso, ma lo Stato si impegna a pagare un affitto medio, oltre che il riscaldamento e l’acqua calda. La Germania spende all’anno 27 miliardi di euro per il reddito minimo garantito, noi abbiamo un’evasione fiscale di 130 miliardi all’anno: dunque, fatti due conti, potremmo permetterci circa cinque volte lo stato sociale tedesco. Ma la Germania recupera il 70% dell’evasione fiscale, noi no.

In tutta Europa, e non solo in Germania, ci sono due forme di trasferimenti in denaro per i disoccupati. La prima, quella più importante, è un sussidio di disoccupazione; riguarda coloro che non lavorano ma si impegnano a cercare un lavoro. Vale dunque anche per le persone che non hanno mai lavorato. Il sussidio a cui si ha diritto è illimitato nel tempo, finisce quando cessa la disoccupazione. Quindi è falso quello che si legge sui giornali quando scrivono che dura un periodo limitato. Il sussidio, oltre all’affitto dell’alloggio e il riscaldamento, comprende una serie di trasferimenti per i figli. La seconda forma di trasferimento non è un sussidio, ma un’indennità di disoccupazione. Riguarda le persone che sono state licenziate o che hanno terminato un contratto. Hanno un’indennità di disoccupazione pari, in Germania, al 67% del precedente stipendio per circa 12 mesi (18 per coloro che hanno più di 55 anni).
La riforma degli ammortizzatori sociali avrebbe avuto un senso europeo se avesse introdotto il sussidio di disoccupazione. In Europa, terminata l’indennità, il lavoratore può avere un sussidio di disoccupazione (con l’affitto per l’alloggio); in Italia, non c’è niente. I paesi che hanno i sistemi migliori sono Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Belgio, Lussemburgo, Austria. Naturalmente, poi, ci sono i paesi scandinavi. L’Europa raccomanda all’Italia di introdurre un reddito minimo garantito da almeno vent’anni. Si dice chiaramente di introdurre un “reddito minimo garantito” senza limite di durata. Ma nulla è stato fatto. Ancora più clamorosa l’omissione di informazione nel caso della famosa lettera della Bce. Nel testo c’è scritto che insieme all’“accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti”, l’Italia dovrebbe introdurre “un sistema di assicurazione dalla disoccupazione”. Fa pensare, no?

Questa lettera è stata sotto i riflettori della stampa, ma nessuno ha notato questa richiesta. Perché? Per una curiosa convergenza ideologica e di interessi della destra e della sinistra. Poi c’è un altro aspetto, anche questo molto importante. Che sia proprio la Bce a raccomandare l’introduzione di un’assicurazione per la disoccupazione demolisce l’alibi di chi sostiene che non ci siano i fondi per realizzarlo. Il reddito minimo garantito è un passaggio essenziale per uscire dalla crisi. Un’altra occasione è stata la lettera con le 39 domande, al punto 21 si chiedeva se l’Italia stesse perseguendo l’impegno preso “a rivedere il sistema dei sussidi di disoccupazione, attualmente molto frammentato, entro la fine del 2011”. Nessuno ci ha fatto caso”. Ha perfettamente ragione il segretario della Fiom, Maurizio Landini, a porre il problema di un reddito minimo garantito. È surreale e ridicolo che lo si accusi di essere un estremista, mentre lui è in accordo con l’Europa, e addirittura con la Bce.
In realtà, sono gli altri a volere tenere l’Italia dentro un isolamento medioevale e fuori dall’Europa. Il problema è che ci riescono benissimo. La cassa integrazione è discrezionale, non universale, e riguarda solo un certo genere di rapporti di lavoro. Quello del reddito minimo garantito è un concetto completamente diverso. 

“Jose Mujica, il presidente dell’Urugay che dona
ai poveri il 90% del suo stipendio”,
 Per dirla in modo semplice: entri in un ufficio, metti una firma, e hai il tuo sussidio. Ora, il grande errore è ridurre il reddito minimo garantito a una forma di assistenza ai poveri. L’aspetto che dovrebbe far riflettere è che dove c’è un forte welfare state non c’è crisi. Invece, Grecia e Italia non hanno un reddito minimo garantito. Questo non spiega tutto, ma è uno degli aspetti che distinguono due tipi di società: una dove prevale la libertà individuale, la protezione sociale, la redistribuzione, l’altra dove invece fioriscono le rendite, i monopoli, il clientelismo. Nei paesi dove non esiste il reddito minimo garantito il lavoro si trasforma in welfare. Il che dequalifica il lavoro, lo rende improduttivo. Penso alle assunzioni di massa che spesso sono una forma di clientelismo politico.

Il reddito minimo garantito permette di scegliere il lavoro, e dunque di scegliere la vita che si preferisce. E permette anche di scegliere liberamente chi ci rappresenta. Ha un forte peso politico. L’inesistenza del reddito minimo garantito in Italia permette alla nostra classe politica di mangiare a caviale e champagne. Sarebbe molto più difficile, per loro, guadagnarsi il consenso di persone libere dal bisogno primario dell’esistenza. Con la libertà dal bisogno diminuisce, e non è poco, il clientelismo politico, il potere dei potentati. Che il reddito minimo garantito permetta di vivacizzare l’economia è stato sostenuto da economisti neokeynesiani come da neoliberisti. Ma in Italia il problema non risiede né nel neoliberismo né nell’intervento neokeynesiano. Il nostro problema è a monte: un’economia relativamente moderna, e una classe politica e dirigente premoderna.

Tutto dunque deve partire dal basso. Anche nel lavoro precario aumenta la soggezione nei confronti di dirigenti, spesso incompetenti, che hanno un potere sproporzionato sulla vita delle persone. Questo tipo di subordinazione in realtà distrugge l’economia. Le idee creano ricchezza, non la subordinazione. Se posso contare su una rete di sicurezza, posso anche rischiare, studiare. Se sono il figlio di un operaio, posso veramente giocarmi le mie possibilità. Se le persone non sono libere dai bisogni primari della sussistenza, non possono dire “no”: saranno costrette a far parte di un sistema piramidale e autoritario, dove il merito e l’iniziativa originale tenderanno a scomparire. Lo Stato italiano spende comunque dei soldi, ma in modo irrazionale o secondo delle logiche politiche. Poi c’è il discorso dell’ordine pubblico, perché la povertà e la percezione dell’abbandono producono anche delinquenza, criminalità grande e piccola; poi c’è il lavoro nero, che sottrae risorse. Dove esiste il reddito minimo garantito, la società si muove dal basso, conta la società civile, contano gli individui; la scelta democratica è meno inquinata dal bisogno.

(Giovanni Perazzoli, dichiarazioni rilasciate a Ignazio Dessì per l’intervista “Solo l’Italia non ha il reddito di cittadinanza”. "Filosofo, saggista e collaboratore di “Micromega”, Perazzoli è redattore di “Filosofia.it”).

 

1 commento:

Tomaso ha detto...

Caro Filippo questo si che è un post!!! devono veramente tutti gli italiani aprire gli occhi.
Non dare tutto o quasi tutto a gratis hai politici, sperando un favore da loro, troppi politici soffocano i cittadine.
Tomaso