In Europa (in particolare nei Paesi Bassi, in Belgio, Austria e Germania) viene ancora rappresentato con abiti vescovili e con la barba.
giovedì 4 dicembre 2014
La tradizione di San Nicola a Piazza Armerina
Il 6 dicembre la Chiesa celebra San Nicola nato a
Patara di Licia (Asia Minore), nel 270 circa, morto a Myra (oggi Demre, nella
parte anatolica della Turchia), il 6 dicembre probabilmente del 343).
Nicola fu vescovo di Myra in Licia è venerato come santo dalla Chiesa
cattolica, dalla Chiesa ortodossa e da diverse altre confessioni cristiane.
Noto anche come san Nicola di Bari, san Nicola di Myra, san Nicola Magno e san
Niccolò, è famoso anche al di fuori del mondo cristiano perché la sua figura ha
dato origine al mito di Santa Claus (o Klaus), conosciuto in Italia come Babbo
Natale.
San Nicola, proveniva da una famiglia nobile, scoprì fin da ragazzo la sua
vocazione religiosa e dedicò interamente la sua vita alla fede cristiana, fu
eletto vescovo per le sue doti di pietà e di carità molto esplicite fin da
bambino, fu considerato santo anche da vivo. Durante la persecuzione di
Diocleziano, pare sia stato imprigionato fino all’epoca dell’Editto di Costantino.
Le reliquie di San Nicola furono traslate a Bari da alcuni pescatori, e per
ospitarle fu costruita una basilica nel 1087, Bari è da allora meta di
pellegrinaggi da parte dei fedeli.
San Nicola è considerato il patrono da parte di molte categorie di persone:
marinai, mercanti, arcieri, bambini, prostitute, farmacisti, avvocati,
prestatori di pegno, detenuti. È anche il santo patrono della città di
Amsterdam e della Russia.
San Nicola è il leggendario Santa Claus dei paesi anglosassoni, e il NiKolaus
della Germania che a Natale porta i doni a bambini.
Tutte le versioni del Babbo Natale moderno derivano dallo stesso personaggio
storico, il vescovo San Nicola di Mira, di cui si racconta che fosse solito
fare regali ai poveri.
La leggenda di San Nicola è alla base della grande festa olandese di
Sinterklaas (il compleanno del Santo) che, a sua volta, ha dato origine al mito
ed al nome di Santa Claus nelle sue diverse varianti.In Europa (in particolare nei Paesi Bassi, in Belgio, Austria e Germania) viene ancora rappresentato con abiti vescovili e con la barba.
Platia, l’antica Piazza Armerina la cui storia si perde nella notte dei tempi è
strettamente legata a San Nicola per le seguenti motivazioni.
Il colle dove i normanni nostri antenati edificarono la città di Platia,
comunemente definito Monte (quartiere), topograficamente è chiamato Colle Mira
o Monte Mira.
Questo toponimo certamente ebbe origine dalla presenza di una antica chiesa o
cappella dedicata in epoca bizantina a San Nicola vescovo di Mira. (I bizantini
erano presenti in Sicilia prima dell’arrivo degli arabi e dei normanni).
E certo che dopo la fondazione della città o la predetta chiesa bizantina venne
ingrandita oppure i Piazzesi ne costruirono una nuova, nei secoli sempre
officiata, fino alla scomparsa del parroco, il compianto don Michele Nicosiano
(1996), e per qualche anno ancora aperta in alcuni giorni dell’anno da don
Roberto Cona.
Dell’esistenza della chiesa di San Nicola in quei secoli se ne ha la certezza
poiché nel 1308 pagava la decima alla Santa Sede, ed inoltre per la presenza
nei comuni di Enna e di Gela di due chiese dedicate a San Nicola di Platea, a
testimonianza che la grande devozione del popolo piazzese era stata trasmessa
alle città vicine, a tal punto da consacrare le chiese con il titolo di S.
Nicola de Platea, quasi che il santo fosse proveniente dalla nostra città o in
essa si conservassero sue reliquie.
La chiesa di San Nicola per qualche secolo ebbe il titolo di chiesa
sacramentale (aveva la cura delle anime dei fedeli di tutta la città insieme
alle chiede del Patrisanto/Teatini e San Martino), in essa operava la
“Compagnia delli maestri della venerabile cappella di Maria SS. della Catena".
Dalla presenza di questa Compagnia o Confraternita la chiesa in futuro verrà
anche chiamata Maria SS. della Catena.
La rimodulazione delle parrocchie prima, inizi anni ’90, la morte del parroco
dopo, ne determinarono l’inesorabile abbandono a favore della nuova chiesa
parrocchiale, la Cattedrale e quelle maggiormente frequentate, Collegiata del
Crocifisso e Angeli Custodi.
Il quegli anni il nuovo responsabile, (l’incaricato vescovile per la cura delle
anime) piuttosto che “aprirsi al prossimo”, concentra a se tutti i “pseudo
poteri”, facendosi consegnare le chiavi dell’edificio sacro dai due laici che fino
a quel momento ne avevano osservato la cura ed il decoro, determinandone
l’irrimediabile abbandono.
La storia della chiesa di San Nicola, o come volgarmente solere chiamarla
Madonna della Catena, degli ultimi venti anni è sotto gli occhi di tutti,
perennemente chiusa o aperta solo nella ricorrenza della Madonna, fino a quando
la staticità del campanile ne ha omesso pure questa ricorrenza.
Pur essendo stata oggetto di restauro di consolidamento (2013/2014), delle pareti esterne, del ripristino del campanile, di parte dei tetti e del pavimento con laterizi in cotto, essa è ancora chiusa.
Ahimè, la tradizione di festeggiare S. Nicola a Piazza Armerina è ormai
tramontata, rimane solo il ricordo gioviale di padre Nicosiano che in questa
occasione portava i ragazzi dell’Azione cattolica, delle classi catechistiche e
del gruppo sportivo a festeggiare San Nicola con una solenne cerimonia
eucaristica.
Ricordo ancora, perché ci teneva tanto sottolineare nell’omelia, il nesso tra
San Nicola e Babbo Natale.
Dopo la Messa nella grande sacrestia, tutti, grandi e piccini aspettavano la
distribuzione di caramelle e cioccolatini; un anticipo dello spirito della
bontà del Natale.
Concludiamo questa nostra breve ricognizione storica, citando le parole
pronunziate dal Cardinale Christoph Schönborn, OP, Arcivescovo di Vienna,
mercoledì 1° ottobre 2009, "E' una grave ferita nel Corpo di Cristo che le
chiese abbiano le porte chiuse", e ci sia consentito aggiungere, è ancor
più grave chiuderle ed abbandonarle a se stesse, facendo perdere ad esse oltre
al patrimonio artistico ed architettonico, l’identità di storia, cultura, e
tradizioni che i nostri antenati ci hanno tramandato.
Filippo Rausa
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