domenica 15 settembre 2013
La Domenica con Gesù, XXIV del Tempo Ordinario/C
……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale
Testi: " In quei giorni, il Signore
disse a Mosè: Va', scendi, perchè il tuo popolo, che tu hai fatto uscire dalla
terra d' Egitto, si è pervertito"... Es 32, 7-11. 13-14 . "Questa
parola è degna di fede e di essere ascoltata da tutti: Gesù Cristo è venuto nel
mondo, per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io..." I Tim,
12-17 . " Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le
novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta ?...Oppure quale donna,
se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza le casa e
cerca...finchè non la trova ? ...Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei
due disse al padre..." Lc 15, 1-32.
Nella Bibbia ci sono alcuni testi,
che chiedono di essere "accostati" a "piedi nudi" (Es 3,5), perché in essi Dio rivela se' stesso. Uno di questi è certamente il cap. 15
di Luca, che va, opportunamente, letto a livello esegetico, letterario,
artistico e filosofico. Un'osservazione preliminare: il testo parla di
"parabola" (e non di parabole): i tre racconti, conseguentemente,
costituiscono un' "unica" parabola, che tratteggia la misericordia
di Dio. Partiamo dall'ambientazione. Luca contrappone due gruppi di
persone: (pubblicani e peccatori da un lato) e (farisei e scribi dall'altro). Vediamo che Gesù, per i due gruppi, costituisce un polo d' attrazione.
Tuttavia, notiamo che il primo si avvicina, per ascoltarlo, il secondo,
invece, per osservarlo e criticarlo. L'oggetto della critica è l'attenzione, riservata dal Signore, verso "l'altro
gruppo", costituito da persone (secondo la Legge antica), da
considerare "impure", e per questo, già escluse dal rapporto con
Dio e con la comunità. Gesù risponde alla critica, raccontando una
storia, rivolta agli scribi e farisei e non certo agli altri ascoltatori,
che hanno un cuore autentico e vogliono realmente ascoltare Gesù (pubblicani
e peccatori) .
La prima e la seconda narrazione
seguono lo stesso schema: perdita, ricerca, ritrovamento e gioia.
- La pecora perduta. Il racconto di
Luca appare ricco di particolari. Sottolinea la gioia del pastore, quando
ritrova la pecora e la pone sulle spalle; quando raggiunge gli amici e fa festa
con loro. E' una gioia speciale, quella che descrive Luca: essa raggiunge
il "cielo", proprio quando un peccatore è riportato a casa. Egli,
quindi, descrive la "ragione" dell' incarnazione e missione del
Signore, in questi termini : " Il Figlio dell' uomo è venuto a
cercare e a salvare ciò che era perduto " (Lc 19, 10 ) . Matteo, invece,
"rilegge" la narrazione, calandola in un contesto ecclesiale.
Gesù, il Risorto,che aveva promesso di rimanere con i suoi fino alla fine dei
secoli, dove mai potrà essere "sperimentato" ? Matteo, in modo
sorprendente, risponde con queste parole: "Dove sono due o tre
riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro". La comunità,quindi, è
chiamata a diventare il luogo della presenza del Cristo nella storia, a
condividerne la missione, a "farsi carico" dei fratelli più fragili,
per amarli, correggerli, cercarli e riportarli a casa. Anche se ne manca
"uno solo", la festa non può iniziare.
Nel testo lucano, notiamo che l'autore rivolge una domanda, direttamente, agli scribi e farisei: "Chi di
voi, se ha cento pecore...". Come agisce un pastore? Chi ha bisogno di
lui: le pecore messe al sicuro nell'ovile o quella perduta? In Gesù,
tutto questo diviene visibile. Dio si fa pastore delle proprie pecore, un
pastore, che corre il rischio di perdere il gregge, pur di ritrovare l' unica
pecora smarrita. Un pastore che rischia, perchè si fida delle sue pecore. Un
pastore, capace di fare festa.
- I figli perduti. Il tema centrale
è la relazione tra un padre e i suoi due figli, nonchè, la relazione dei figli
tra di loro. Tentiamo di approfondire il racconto, disegnando le diverse
figure.
. Il figlio minore chiede la sua parte
di eredità, mostrando, così, il desiderio di un distacco assoluto dal padre,
che lo ha generato. In seguito, perde ogni cosa, compreso sè stesso. Luca
enfatizza la sua condizione, invertendo i verbi: mentre i porci
"mangiano", lui desidera "riempire il ventre". La decisione
di ritornare scaturisce, concretamente, dalla fame. Diviene, così, capace di
riconoscere, nella presunzione di fare a meno di Dio e del padre, il proprio
peccato. Al ritorno, il padre gli ridona la sua identità, individuabile
attraverso i segni: i calzari, simbolo dell' uomo libero; le vesti e l'
anello, segno della sua figliolanza e del titolo per l' eredità.
. Il figlio maggiore costituisce l'obiettivo del racconto, perchè rappresenta proprio i farisei e gli scribi.
Egli, come loro, non si è mai allontanato dalla casa paterna, anche se, in
realtà, "non vi è mai entrato" ! Pur essendo libero di condividere
tutto ciò che il padre possiede, ha "collocato " sè stesso nella
condizione del servo. Rifiuta, quindi, di condividere l' attenzione del padre
verso l'altro figlio, che, addirittura, non riconosce come fratello. "Ma
ora che è tornato "questo tuo figlio", il quale ha divorato le tue
sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso"
(v. 30) . Il racconto evidenzia la sua lontananza dal padre, da sè stesso e dal
fratello.
. Il padre ama tutti e due i
figli, senza condizioni, nel rispetto della loro libertà. Raggiunge i due là,
dove si trovano, sulla strada del ritorno o fuori dalla porta e cerca di
convincerli a rientrare in "casa" . Con il figlio più giovane,
il padre esprime il proprio amore con l' accoglienza; con il figlio
maggiore con l' invito a condividere la sua stessa gioia.
Mentre il padre risponde con
compassione, il figlio maggiore risponde con risentimento. Sul dialogo tra
compassione e risentimento cala il sipario .La parabola, in verità, non appare
conclusa. Riuscirà il figlio maggiore (e i farisei e gli scribi, che egli
rappresenta), a condividere il cuore del padre, cioè, la sua volontà di
universale salvezza degli uomini ? Mettendo da parte i loro pregiudizi e schemi
mentali, riusciranno ad accettare, come componenti della stessa famiglia di
Dio, coloro che Dio stesso riconosce come figli? Oppure, rifiutando la logica
del Padre, si auto-escludono dalla famiglia di Dio ? La parabola pone a noi,
"lettori contemporanei", questa domanda incalzante. E ci invita
a trarre le conclusioni.
Mons. Antonio Scarcione
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