domenica 22 settembre 2013
La Domenica con Gesù, XXV del Tempo Ordinario/C
……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale
Testi:
"Il Signore mi disse...voi che calpestate il povero e sterminate gli umili
del paese..." Am 8, 4-8 .
"Figlio mio, raccomando che si
facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini e
per i re..." I Tm 2, 1-8 ."...Rendi conto della tua
amministrazione..." Lc 16, 1-13
Il
grido del profeta Amos ci invita con forza a riflettere e ad agire su alcune
forme di gravi ingiustizie presenti nella storia umana. Amos parla di
mercanti e di poveri, di commercianti e di schiavi e mette gli uni (i
mercanti) in rapporto agli altri (poveri-schiavi), a ricordarci che la povertà
dipende anche, specialmente oggi, dall' incapacità di produrre ricchezza, da
modi sbagliati di arricchirsi e dal rifiuto della condivisione. Esiste, quindi,
un legame profondo tra il mercante che trucca e falsifica i pesi, e il povero,
venduto "per due sandali" (un costo trascurabile). Schiavitù e servitù
non sono scomparse, ancora oggi si vendono persone " per un paio di
sandali", nelle troppe fabbriche, dove ancora "si consumano"
persone a scopo di lucro, ma anche nelle nuove imprese, che comprano con alti
stipendi giovani brillanti, che così diventano proprietà dell' impresa, che
decide orari, feste, famiglia, libertà.
Come non
è scomparsa la povertà, così non sono scomparse l' indigenza o l' esclusione,
che sono alla radice di ogni schiavitù e servitù. La povertà, che oggi colpisce
le società opulente, ad es. quelle europee, presenta nuove forme (come l'esclusione dalla vita pubblica, il disagio mentale, immigrati non
integrati, nuove forme di dipendenza (come il gioco d' azzardo). Queste nuove
forme di povertà sono delle povertà relazionali; non si tratta di carenza di
reddito
Per
questo, la prima cura della povertà è una cura di relazioni (da quelle
familiari a quelle politiche) ed esige un rapporto di fraternità e di
reciprocità. Oggi, se nono si curano e ricostruiscono le relazioni, anche gli
interventi in termini di reddito restano spesso inefficaci. Occorre comprendere
che prima della povertà esistono i poveri; e senza l' incontro con la persona
del povero, la povertà non viene curata. La fraternità francescana si
costituisce, concretamente, quando Francesco abbraccia il lebbroso di
Assisi. Solo i carismi, quindi, "sollevano" , realmente,
"dalla polvere il debole, dall' immondizia rialzano il povero, per farlo
sedere tra i principi, tra i principi del suo popolo". Oggi una
grave forma di povertà, in Europa ed in Italia, è, sicuramente, la
disoccupazione , specialmente quella giovanile.
Non è
un caso che in Italia abbiamo posto il lavoro come una pietra angolare della
Repubblica. Sono davvero molti i significati dell' Art. 1: "L' Italia è
una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Si sarebbero potute scrivere
altre parola alte (libertà, giustizia, uguaglianza, fraternità). Fu invece
inserita la parola "lavoro": parola umile, ma forte. E' stato proprio
il lavoro che ha creato, in Europa, la democrazia, grazie al grande movimento
di lavoratori, uomini e donne, che diventarono cittadini, quando abbandonarono
lo "status" di servi nelle campagne, diventarono lavoratori nelle
fabbriche, nelle officine, nelle scuole, negli uffici e nelle cooperative.
Oggi,
in Europa, ci sono 25 milioni di disoccupati, la maggior parte dei quali è
costituita da giovani. La lotta alla disoccupazione, quindi, deve avere il
primo posto, perché, quando il lavoro è negato, è in crisi la democrazia.
Un'
altra considerazione sull' impossibilità di servire Dio e la
ricchezza (mammona). Non tutta la ricchezza è "mammona", ma solo
quella che nasce da bilance e pesi truccati dalla vendita e dall'acquisto delle
persone, dai privilegi e dalle rendite da tasse non pagate, da falsità e bugie.
C' è poi la ricchezza buona e civile, quella che nasce dal lavoro e dalla
fatica, dal talento, dall' impresa civile, che non diventa "mammona",
solo se condivisa e usata, per creare il bene comune.
Mons. Antonio Scarcione
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