Gesù mette, subito, in evidenza il nodo di fondo: c’è un modo iniquo di abitare la terra, un modo profondamente ateo, anche se non si trasgredisce nessuna legge. Un mondo, dove uno vive da dio e uno da rifiuto ! E’ questo il mondo sognato da Dio ? E’ normale che una creatura sia ridotta in condizioni disumane ? Prima ancora che sui comandamenti, lo sguardo del Signore si posa su una realtà profondamente ammalata, da cui sale un conflitto e un orrore che avvolgono tutta la scena. Insomma, di quale peccato si tratta ? “Se mi chiudo nel mio io, anche se fornito di tutte le virtù, ma non partecipo all’ esistenza degli altri, se non ho sensibilità e non mi apro agli altri, posso essere privo di peccati, eppure, vivo in una situazione di peccato” (Cfr. Giovanni Vannucci ).sabato 28 settembre 2019
La Domenica con Gesù, XXVI del T.O. / C
……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale
“…Guai agli spensierati di Sion…Distesi sui letti di avorio e sdraiati sui loro divani…Canterellano al suono dell’ arpa…” Am 6,1a.4-7 .
Tu, uomo di Dio, evita queste cose: tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza…” I Tm 6,11-16 .
“…C’era un uomo ricco…ogni giorno banchettava…Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi…” Lc 16,19-31.
Dio “privilegia” i poveri. Seguiamo la riflessione di E. Ronchi. Ci troviamo di fronte ad un racconto evangelico duro e dolce, più che davanti ad una parabola. La morte fa da spartiacque tra due scene: nella prima, il ricco e il povero sono contrapposti in un confronto impietoso; nella seconda, si dipana un dialogo mirabile tra il ricco e il padre Abramo. I scena: un personaggio avvolto nella porpora, un altro coperto di piaghe. Il ricco banchetta, Lazzaro guarda con occhi tristi e affamati, a “gareggiare” con i cani, per prendere una briciola caduta sotto la tavola.
Morì il povero e fu portato nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto nell’ inferno. A questo punto, si impone una domanda: Perché il ricco è condannato nell’ abisso di fuoco ? Di quale peccato si è macchiato ?
Gesù mette, subito, in evidenza il nodo di fondo: c’è un modo iniquo di abitare la terra, un modo profondamente ateo, anche se non si trasgredisce nessuna legge. Un mondo, dove uno vive da dio e uno da rifiuto ! E’ questo il mondo sognato da Dio ? E’ normale che una creatura sia ridotta in condizioni disumane ? Prima ancora che sui comandamenti, lo sguardo del Signore si posa su una realtà profondamente ammalata, da cui sale un conflitto e un orrore che avvolgono tutta la scena. Insomma, di quale peccato si tratta ? “Se mi chiudo nel mio io, anche se fornito di tutte le virtù, ma non partecipo all’ esistenza degli altri, se non ho sensibilità e non mi apro agli altri, posso essere privo di peccati, eppure, vivo in una situazione di peccato” (Cfr. Giovanni Vannucci ).
Incredibile ! Il ricco doveva scavalcarlo, sulla soglia, ogni volta, che entrava o usciva dalla sua villa e neppure lo vedeva ! Vediamo che non gli ha fatto del male. Semplicemente, per lui, Lazzaro non esiste. Lo ha ridotto ad uno scarto. A nulla.
Ora Lazzaro, portato in alto, accolto nel grembo di Abramo, proclama il diritto di tutti i poveri ad essere trattati come figli. Ma “figlio” è chiamato anche il ricco, anche lui figlio per sempre di un Abramo dalla dolcezza di madre. Padre, ti chiedo una goccia d’ acqua sulla lingua ! Una parola per i miei cinque fratelli! La risposta è agghiacciante: no, perchè non è la morte che converte, ma la vita.
Hanno Mosè e i profeti, hanno il grido dei poveri, che sono la voce di un Dio che si identifica con loro: “Ciò che avete fatto a uno solo di questi piccoli, l’ avete fatto a me”. Si tratta, quindi, di assumere, come ha fatto Gesù, il punto di vista dei poveri, di “scegliere sempre”, come afferma David Maria Turoldo, “l’ umano contro il disumano”.
Mons. Antonino Scarcione
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