"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)



Quello che fai per te stesso morirà con te,quello che fai per gli altri rimarrà per sempre


Palio dei Normanni, 12/13/14 agosto

domenica 10 novembre 2013

La Domenica con Gesù, XXXII del Tempo Ordinario/C

……… per tutti coloro che desiderano lasciarsi guidare dalla Parola di Dio: un commento per meditare e per prepararsi alla Liturgia della Santa Messa domenicale
 
"E' preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati..." 2 Mac 7, 1-2 . 9-14 . ..." Per il resto fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata... e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi"...2Ts 2,16-35.
 
"Maestro,...c' erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli... Da ultimo morì anche la donna, dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie?..." Lc 20, 27-38
 

 Il cristiano, come figlio della risurrezione, è chiamato a testimoniare il futuro. Il filosofo Feuerbach, nell' "Essenza della religione", afferma: " Al posto della divinità...dobbiamo collocare la specie umana; al posto della religione, l' istruzione; al posto dell' aldilà, che fa aprire in cielo la nostra tomba, l' aldiqua, che la apre sulla terra" . Il pensatore scriveva queste parole, per trasformare i suoi lettori " da amici di Dio in amici dell' uomo; da credenti, in gente che pensa; da uomini di preghiera in lavoratori; da candidati al' aldilà in studiosi delle realtà terrestri; da cristiani in uomini" .

 Anche oggi, il mondo attende di sapere da noi cristiani, non tanto chi siamo, quanto quello che sappiamo dire e dare per il futuro. Da una parte, ci sono le ideologie, che tendono a congelare il privilegio; dall' altra, figurano le utopie, che premono per il cambiamento del mondo e per la rivoluzione, capace di rifare l' ordine delle cose. La testimonianza cristiana o è testimonianza del futuro o non ha senso. Anche gli apostoli testimoniavano il futuro:  Cristo è risorto e anche noi risorgeremo. La nostra professione di fede dev' essere qualcosa che emerge dalla nostra esistenza. Il mondo non ha bisogno di formule di fede imparate a memoria, bensì di testimonianze convinte per il futuro, che "è l' oggi di Dio". Il tempo della vita terrena è "il tempo della gestazione": poi si passerà alla luce della vita vera. Franklin, in questo senso, affermava: "Morendo, termino di nascere".

 L' esistenza umana, quindi, dev' essere vista non come "un cerchio chiuso in sè stesso", ma come "un arco proteso verso il futuro".
 
 - Il mondo è diviso in due momenti: quello presente e quello futuro. Il primo è sotto il segno "del prendere e del morire". Anche il generare si può considerare soltanto "una protesta" contro la morte: più vivi si generano, più crescono i mortali. Il secondo momento, quello futuro, è collocato sotto il segno " del dono e della vita". Nell' eternità non ci si sposa più, perché non si può più morire. La risurrezione, invece, dà, a chi è morto, una vita nuova, ormai liberata dalla morte e dalla generazione.

 - San Paolo ricorda che, se vogliamo che i due momenti non siano contrapposti, ma segnino il passaggio verso la pienezza eterna della vita, dobbiamo affidarci al Signore, che ci conferma e custodisce, per non restare "suggestionati" dalla fragilità del pensiero debole e dall' illusione di proposte, che relativizzano, azzerandole, le indicazioni evangeliche sulla morte e la risurrezione.

 - A noi cristiani è chiesto di vivere ed esprimere la fedeltà all' annuncio della risurrezione (del Signore e di quella nostra). A tal proposito, vi sono due tipi di fedeltà: una difficile, costosa, pagata con la vita, riguardante i valori essenziali; l' altra, invece, è facile, gratificante, procura privilegi e costa appena qualche inchino. Quest' ultima è, proprio, servilismo, cortigianeria spudorata, sceneggiata insopportabile.

 Gesù, al contrario, è il "si'" divino alla vita, che conduce alla guarigione dei malati, all' accettazione degli emarginati, al perdono dei peccatori, alla salvezza della vita violentata dai poteri della distruzione. E' chiaro, conseguemente, che la risurrezione dei morti è il "si'" di Dio, che risuona ed è capace di far risorgere dal cuore il nostro "amen" alla sua vita, che è in noi.
                                                                                                                       Mons. Antonino Scarcione

 

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