Testi: "...E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d' Israele..." Ap 7, 2-4 . 9-14.
venerdì 1 novembre 2013
Solennità di tutti i Santi
Testi: "...E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d' Israele..." Ap 7, 2-4 . 9-14.
"...Carissimi, noi fin d' ora siamo figli di Dio..." I Gv 3, 1-3 .
"...Beati i poveri per causa della giustizia, perchè di essi è il regno
dei cieli..." Mt 5, 1-12a
Le
beatitudini tratteggiano "la carta d' identità" di coloro che vivono
la giustizia, di coloro, cioè, che fanno la volontà del Padre, di coloro che,
conseguentemente, vivono in modo filiale. Le beatitudini sono concepite, come
un cammino di crescita, per rispecchiare in noi l' agire del Figlio di Dio,
Gesù.
- Salì
sulla montagna. La montagna, in Matteo, rappresenta un luogo teologico, cioè,
un luogo di rivelazione, attraverso l'insegnamento e l' esperienza del Padre.
Ci ricorda Mosè, che entra in intimità con JHWH e riceve il dono della
"Torah" (La Legge); ricorda anche il profeta Elia sull' Oreb, dove
egli percepisce la presenza di Dio nel "sussurro di una brezza
leggera".
-
Messosi a sedere. Mettersi a sedere, è il tipico atteggiamento del rabbì, il
maestro.
- Il
termine greco "makarioi" (= felici e prosperi ) è un vocabolo usato
frequentemente nell' A.T., con un duplice significato: 1) soddisfare ad una
condizione: non entrare nel consiglio dei malvagi; 2) essere oggetto dell'
agire gratuito e misericordioso di Dio ("Beato l' uomo a cui è tolta
la colpa...) .
-Le
otto beatitudini. In esse notiamo un uso particolare dei tempi verbali. La
prima e l' ottava sono formulate col presente: "Di essi "è" il
regno dei cieli". Le altre hanno il verbo al futuro: "Saranno"
consolati; "avranno in eredità" la terra; "saranno"
saziati; "troveranno" misericordia; "vedranno" Dio;
"saranno chiamati" figli di Dio". Matteo, quindi, mette in
rilievo la duplice realtà del Regno: esso è "già" presente nella
persona e nell' annucio di Gesu', ma "attende" di essere
manifestato pienamente.
Attraverso
la ripetizione della medesima promessa, Matteo crea l' inclusione tra la prima
e l' ottava beatitudine: Beati i poveri in spirito, perchè di essi è il
regno dei cieli. Beati i perseguitati per la giustizia, perchè di essi è il
regno dei cieli. Nel primo vangelo, la tecnica dell' inclusione rivela il tema
di fondo: il possesso del Regno. Il tema delle beatitudini è, dunque, l'
identità di coloro che possiedono il regno dei cieli. L' inclusione pone,
inoltre, in stretto rapporto, "povertà in spirito" e
"persecuzione", due tematiche care a Matteo.
-
Povertà e persecuzione. L'evangelista, ripetutamente, riflette sul tema della
povertà, enfatizzando la piccolezza, la non rilevanza, la rinuncia ad ogni
potere. Il crescendo di questo insegnamento è l'affresco del giudizio
universale, dove il Re-giudice rivelerà la propria presenza nei
"minimi", al punto che ogni gesto in loro favore ( o contro di essi )
assumerà un valore escatologco (per il futuro): "In verità io vi
dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più
piccoli, l'avete fatto a me". Per Matteo il "piccolo" è
essenzialmente Gesù nel mistero dell' incarnazione: nella passione e morte
egli si identificherà con coloro che, spogliati da ogni qualità umana, vivono
da stranieri. In questo contesto, i poveri in spirito sono coloro che hanno
scelto Gesù, facendo proprio il suo stile di vita. Hanno assunto l'
"io" del Figlio: "Non vivo piu' io, ma Cristo vive in me".
Inoltre,
essendo un prolungamento dell' umanità del Maestro, ne condividono il destino:
"saranno, cioè, perseguitati". L' ottava beatitudine, quindi, diventa
un "test" di autenticità del discepolo.
- Le
altre beatitudini si possono "leggere" come una
"concretizzazione" della prima. I "poveri in spirito" sono
"puri di cuore", possiedono, cioè, un cuore unificato, non diviso,
filiale. Per questo "vedranno Dio", perchè già ora
"leggono" la realtà con uno sguardo contemplativo, lo sguardo del
Padre. Vivono nela speranza e nella sofferenza e nella morte possono
contemplare la risurrezione in atto.
"Mitezza"..."misericordia"..."pace"..."giustizia",
sono manifestazioni di un cuore purificato, perchè povero. Testimoniano gli
atteggiamenti stessi di Gesù. Identificati con il Figlio, i discepoli sono
chiamati a riconoscere la vita ovunque si trovi, ad affermarla e condurla a
compimento; a non giudicare; a rifiutare ogni forma di potere e di
ostentazione; a rivestirsi della "forza debole" del perdono.
Camminando nella storia, abbracciano la logica misericordiosa del Padre.
- La
nona beatitudine. Nella nona, si passa dalla terza persona plurale ad un
"voi". Con la stessa tecnica, utilizzata al termine del "Padre
nostro", Matteo riprende un tema "caldo" e lo applica alla
propria comunità.
Sembra
strano che Matteo scelga di sviluppare la beatitudine della persecuzione. L'
ipotesi è che l' "ekklesia" matteana stesse vivendo una situazione di
persecuzione.
Ciò è
possibile, ma forse c' è una spiegazione più profonda: la fatica sperimentata
da ogni discepolo di accoglie, cioè, la croce, il fallimento e l' opposizione.
Il
fallimento e l' opposizione educano il discepolo a non considerarsi "
protagonista della missione", ma servo di un progetto, che appartiene
ad un Altro. La condivisione della croce gli offre la garanzia di essere
"uno" con il proprio Maestro, percependo che la forza della
resurrezione già opera nella propria persona. Matteo ci comunica, altresì,
la gioiosa libertà che la persecuzione non ferma il discepolo, ma lo spinge a
perseverare. Soltanto dopo, verrà la fine. Il discepolo affronta, dunque, il
turbine della storia con la coraggiosa letizia di chi cammina sicuro verso una
"pienezza" certa.
Mons. Antonino Scarcione
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