Articolo tratto dal quotidiano Repubblica - Palermo, del 01 novembre 2013
|
Mons. Antonio Scarcione |
Finanzia
il restauro di una chiesa con il trattamento di fine rapporto. Dopo decenni di
richieste vane, Monsignor Antonio Scarcione, rettore della chiesa armerina di
San Giovanni, ha deciso di autofinanziare il restauro dell’edificio sacro.
«Basta.
Dopo
decenni di richieste, solleciti e appelli, ho deciso di finanziare con i miei
risparmi i lavori di restauro della chiesa di San Giovanni – sottolinea con un
tono di garbata polemica Monsignor Scarcione – Per farlo, ho fatto ricorso al
trattamento di fine rapporto che mi è stato riconosciuto a chiusura della mia
lunga carriera di dirigente scolastico».
La
chiesa di San Giovanni è una straordinaria cappella settecentesca interamente
affrescata. Un monumento che da solo vale una visita nella città nota per la
Villa romana del Casale. L’edificio fu ricostruito nel 1615 su un precedente
impianto quattrocentesco. Al suo interno un vasto ciclo di affreschi eseguiti
nella prima metà del Settecento dal pittore fiammingo Guglielmo Borremans e dai
suoi aiuti. Una testimonianza pittorica seriamente compromessa: infiltrazioni,
umidità, collasso dei pigmenti, tratteggiano un drammatico stato di
conservazione degli affreschi.
Varcata
la soglia del pesante portone in legno intarsiato la cappella si staglia ariosa
e solenne in tutta la sua suggestione borrominiana permeata da un’atmosfera
stendhaliana. Gli azzurri cangianti del pittore di Anversa, si intersecano con
le terre dalle tonalità tenui del pastello. È un tripudio di allegorie e
figure. Da decenni gli organi competenti, Soprintendenza e Assessorato regionale
ai Beni culturali, hanno ricevuto numerose e allarmate segnalazione di enti e
associazioni. Gli affreschi sono ormai in un evidente stato di sofferenza. Le
pitture in affresco sono state fissate da ampie velinature. Il tentativo
disperato è quello di contenere il distacco dei pigmenti causato dalle vaste
infiltrazioni di umidità. Il risultato è che i lavori continuano a essere
rinviati da decenni.
«Ho
deciso di adottare questa estrema risoluzione di autofinanziare i lavori,
perché credo sia quello attuale un punto di non ritorno – continua ancora l’ex
preside Scarcione – Si tratta di affreschi, non di pitture. Se non interveniamo
immediatamente li perderemo definitivamente. È questo un atto di barbarica
disattenzione».
Il
primo intervento eseguito con l’autofinanziamento di Monsignor Scarcione, è
stato dedicato al recupero di un pulpito in legno. Il manufatto finemente
intarsiato, datato prima metà del XVIII secolo, è stato restaurato dal
laboratorio “Ennaion” di Enna.
«Ovviamente,
abbiamo chiesto l’autorizzazione alla Soprintendenza di Enna che ha concesso il
permesso – spiega il rettore della chiesa di San Giovanni – I prossimi lavori
che abbiamo programmato riguarderanno la collocazione del pulpito e la
sistemazione di un altare laterale. Serviranno però altri soldi. Per gli
affreschi somme di una certa entità. Sarò dunque costretto a chiedere un
finanziamento in banca. Ma intendo proseguire, senza attendere più la solita
lettera con la quale mi si comunica che l’amministrazione regionale non può far
fronte alle mie richiese per mancanza di fondi».
Una
vicenda dunque che delinea il paradigma del grave stato di conservazione e
tutela del patrimonio artistico siciliano. Oltre che i danni del tempo, la
chiesa di San Giovanni ha subito nel corso degli anni anche gravi episodi di
saccheggio. Nel gennaio del 2005, la chiesa è stata espoliata di pregevoli
manufatti. I ladri come in una pagina di un romanzo d’appendice, hanno divelto
le grate della cantoria e si sono calati dall’alto all’interno della cappella. La
chiesa era priva di ogni elementare impianto di antifurto. Nel corso della
razzia furono portati via: un velo omerale raffigurante l’Agnus Dei in taffettà
di seta ed avorio. Scomparso anche un prezioso calice di bottega palermitana,
risalente al 1753 in argento sbalzato. Una splendida madonna della Purità, olio
su tela di autore anonimo, probabilmente di scuola napoletana. Dall’altare
maggiore scomparve un leggio in legno, sbalzato e cesellato in argento. Per
completare l’opera dall’altare laterale i malfattori asportarono un
raffinatissimo Sine Labe.
Concetto
Prestifilippo
3 commenti:
Azione davvero ammirevole quella di mons. Scarcione Complimenti.
Un esempio che le cosiddette istituzioni locali e non dovrebbero impegnarsi ad emulare.
Michele Suriana
Decisione davvero ammirevole. Complimenti a Mons. Scarcione
E' questo un esempio che le cosiddette istituzioni locali e non dovrebbero prendere in seria considerazione, perché di fatto é una denuncia sull'immobilismo politico/burocratico vigente.
Michele Suriana
Complimenti! !
Posta un commento