Mons. Antonio Scarcione |
lunedì 31 ottobre 2011
Solennità di Tutti i Santi
" Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati ". Mt 5,4.
L'odierna solennità, prima ancora di far memoria di uomini e donne, che hanno vissuto la vita, immersi nel mistero di Dio, celebra Dio stesso, fonte di ogni santità.
Il santo è colui che cerca il volto del Signore, che vive orientato a Lui, consapevole del primato di Dio nella vita dell' uomo.
Il mistero della santità ci è,già, richiamato dalla seconda lettura.
Giovanni ci ricorda che l'origine della nostra tensione alla santità è nell'essere veramente figli di Dio, nel dono, cioè, che abbiamo ricevuto nel Battesimo.
All'origine, quindi, della nostra chiamata alla santità c'è il nostro ingresso nella comunione con Dio, che viene rinnovata ogni volta che partecipiamo all'Eucaristia, quando deponiamo sull'altare i doni del pane e del vino, che vengono resi santi nella consacrazione e trasformati nel Corpo e Sangue del Signore.
Ogni volta, quindi, che ci accostiamo a questi Santi Doni, anche noi veniamo trasformati dalla santità di Dio.
Le feste, come quella di Tutti i Santi, fanno veramente bene alla vita cristiana, perché distolgono dalle quotidiane incombenze e fanno guardare a mete più alte.
Notiamo, infatti, subito che la meta della vita, cristianamente, ci viene indicata dalle Beatitudini. In particolare da questa: " Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio".
Vedere Dio è un desiderio, presente nel cuore dell'uomo di ogni tempo, credente e non credente; che, magari in buona fede, con aria di sfida, condiziona la propria fede a qualche manifestazione del divino o ad evidenza, che non potrà mai essere raggiunta con matematica certezza.
In realtà, questa manifestazione/evidenza di Dio è già avvenuta, è Gesù' Cristo.
Vede Dio, però, solo chi ha il cuore puro: prima che con gli occhi e con la ragione, Dio si vede con il cuore.
Ma come diventa puro il cuore dell' uomo, il suo occhio interiore? Ci viene, qui, in aiuto il Salmo responsoriale, che ricorda le parole, che il popolo di Israele cantava all' ingresso del tempio: "Chi salirà il monte del Signore? Chi starà nel suo luogo santo?" Con la risposta precisa: "Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non si rivolge agli idoli, chi non giura con inganno."
Mani e cuore evocano l'azione e l'intenzione, quindi tutto l'uomo.
Ma all'intenzione va aggiunta l'azione, bisogna avere mani innocenti, tenersi lontani dagli idoli, non giurare con inganno a danno del prossimo.
" Rallegratevi ed esultate... "Il fondatore della comunità di Taizè scriveva: "Ciò che rende felice un'esistenza è avanzare verso la semplicità del nostro cuore e della nostra vita. Perché una vita sia bella, non è indispensabile avere capacità straordinarie o grandi possibilità: l'umile dono della propria persona rende felici".
In questa ricorrenza dei Santi invochiamo dal Signore il dono di una vita semplice e felice, che nei momenti di sconforto e di stanchezza possa trovare rifugio e ristoro nel Signore.
Mons. Antonio Scarcione
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