martedì 1 novembre 2011
2 novembre 2011. Commemorazione dei defunti
"Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno".
In questa giornata particolare, tutti ci sentiamo coinvolti, se non altro, perché siamo stati toccati dall'esperienza della morte di persone a noi care. Ma più ancora, perché la morte costituisce un interrogativo profondo, portatore di angoscia.
Un filosofo dell'antichità, Epicuro, noto per la sua ricerca della felicità, scriveva: "Contro tutte le altre cose è possibile procurarsi una sicurezza, ma a causa della morte, noi uomini siamo una città senza mura". Le mura, che circondano una città fortificata, così come i muri della nostra casa, producono, certo, sicurezza e serenità,
Ma di fronte alla morte, ciascuno di noi è come una città senza mura, una casa senza difesa.
Anche un grande credente, Paolo VI, si chiedeva, nel suo testamento: " Io chi sono? Che cosa resta di me? Dove vado? "
Nella liturgia della I Messa della Commemorazione dei defunti, si percepisce, chiaramente, l'invito alla speranza, alla fiducia in Dio, che si è manifestato in Cristo: chi crede in Lui ha la vita eterna.
Nella prima lettura, Giobbe, sommerso dal dolore e dalla sventura, sa ugualmente esprimere parole di fiducia in Dio.
Egli sa che il Signore è dalla sua parte, sarà al suo fianco e mostrerà a tutti la sua innocenza.
Il salmo responsoriale è dello stesso tenore: Il Signore è luce e salvezza, è difesa della vita del giusto, gli offre riparo nella sua dimora.
La seconda lettura ricorda che la speranza non delude, perché Dio, in Cristo, morto e risorto, ha mostrato il suo amore verso di noi.
Il vangelo, infine, riporta le rassicuranti parole di Gesù'. Nulla di quanto il Padre ha affidato al Figlio andrà perduto, perché questa è la volontà del Padre: portare tutti alla salvezza, condurre tutti alla fede e, quindi, alla resurrezione.
Come si può notare, il mistero della morte è presentato, certamente, come un momento di trepidazione, ma, al tempo stesso, come un'apertura verso un futuro, in cui saremo partecipi della resurrezione del Figlio Gesù'.
Mons. Antonio Scarcione
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